Da qualche settimana la notizia circola con la naturalezza delle cose che, prima o poi, dovevano accadere. Alstom — la stessa azienda che per anni ha incarnato l’epica dell’idrogeno su rotaia — ha deciso di fermare la produzione dei convogli. Una scelta che in Lombardia ha il sapore di uno schiaffo, e che in Sardegna, dove si insiste su un progetto ancora più acerbo, dovrebbe quantomeno far sollevare la testa a chi ha responsabilità politiche e tecniche.
L’allarme lo lancia Dario Balotta, responsabile trasporti di Europa Verde e co-portavoce a Brescia. Parla di “conferma di una tecnologia sbagliata, costosa e inefficiente”, un giudizio netto che arriva dopo anni di sperimentazioni zoppicanti e proclami governativi svuotati dalla realtà. Balotta cita la stampa francese, che racconta di una vera e propria “bolla dell’idrogeno”, sgonfiata nel momento esatto in cui Parigi ha chiuso il rubinetto dei sussidi pubblici. Senza quell’ossigeno — e lo si sapeva — la tecnologia non si regge.
Trenord, nel frattempo, ha acquistato 14 treni senza gara, a 12 milioni l’uno. Triplo del costo di un treno elettrico. E il fatto che il primo convoglio arrivato a Rovato non abbia ancora iniziato le prove in linea non depone a favore dell’ottimismo. Balotta sintetizza così la questione: “solo una cosa è certa, tutto il progetto che costerà almeno 400 milioni di euro, sarà un salasso per la spesa pubblica e non porterà alcun miglioramento ai pendolari della Valle Camonica e lombardi”.
Il caso tedesco lo conferma: i treni a idrogeno entrati in servizio in Bassa Sassonia nel 2022 sono stati ritirati dopo pochi mesi, sostituiti prima da mezzi diesel e poi da convogli a batteria. Il simbolo stesso dell’innovazione ecologica rientrato in officina, mentre la vita quotidiana dei pendolari continuava a scorrere con i vecchi mezzi.
E qui arriviamo alla Sardegna, dove la storia prende una piega ancora più singolare. Perché in Lombardia, almeno, la sperimentazione si svolge su linee esistenti e non elettrificabili, dentro un perimetro tecnico che può avere un senso. Da noi, invece, il progetto Alghero centro–aeroporto pretende di sperimentare l’idrogeno costruendo da zero 6,8 chilometri di ferrovia, una centrale per la produzione di idrogeno verde e un’infrastruttura che incide — e non poco — sul paesaggio rurale della Nurra.
Il Comitato Zonale Nurra, riprendendo le parole di Balotta, non usa mezzi termini. “La tecnologia dell’idrogeno non è ancora completamente matura”, ricorda Henri Poupart-Lafarge, CEO di Alstom. Basta questa frase per capire quanto rischioso sia l’accanimento progettuale delle istituzioni sarde. E le domande poste dal Comitato non sono ideologiche: sono elementari.
Si può davvero mettere in cantiere una tecnologia ancora considerata inefficiente spendendo 330 milioni di euro di fondi pubblici?
Ha senso costruire una bretella ferroviaria e un impianto energetico invasivo quando la stessa tecnologia viene ridimensionata dagli stessi produttori?
È accettabile che ARST e politica regionale non si fermino un attimo a valutare il quadro d’insieme, ignorando i segnali che arrivano dall’Europa?
Qui non c’è estremismo ambientalista, né nostalgia per un passato che non torna. C’è il minimo sindacale della prudenza amministrativa. E c’è, soprattutto, il rispetto del denaro pubblico: 330 milioni non sono una cifra marginale per un’isola che fatica a rinnovare strade, ospedali e reti di trasporto quotidiano.
Il Comitato Zonale Nurra conclude con una frase che — condivisibile o no — ha un peso politico preciso: “solo una cosa è certa, tutto il progetto che costerà almeno 330 milioni di euro, sarà un salasso per la spesa pubblica e non porterà alcun miglioramento ai viaggiatori dell’aeroporto di Alghero e dell’area della Città Metropolitana di Sassari”.
La proposta alternativa è chiara: valutare soluzioni già mature, come i treni a batteria, soprattutto su tratte brevi come la Sassari–Alghero. È una strada che altrove funziona e che non richiede lo stesso impatto infrastrutturale dell’idrogeno.
Oggi il punto è questo: la tecnologia che si voleva inaugurare in Sardegna sta perdendo trazione nel resto d’Europa. Ignorarlo sarebbe una forma di ostinazione politica che la realtà, prima o poi, presenterà a tutti in conto. E sarà un conto salato.
La richiesta del Comitato è semplice, quasi di buon senso: “sospendere immediatamente il progetto relativo alla realizzazione della tratta ferroviaria Alghero Aeroporto – Mamuntanas così come concepita”. Non è uno slogan. È l’invito a riallineare la Sardegna al mondo reale, prima che il mondo reale ci travolga.