Il Mediterraneo continua a scaldarsi. Nel 2024 ha toccato la temperatura media annuale più alta mai registrata: 21,16°C. Un record negativo che conferma un trend ormai costante.
A dirlo è Greenpeace, nel nuovo rapporto «Mare Caldo». Il progetto, nato nel 2019, coinvolge anche l’Università di Genova e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale.
L’anno scorso è stato il più caldo di sempre sulla Terra, con temperature dell’aria superiori di 1,5°C ai livelli preindustriali. E i mari non sono da meno: nel Mediterraneo le ondate di calore si moltiplicano, sia in superficie che in profondità.
Nell’Area Marina Protetta dell’Asinara, in Sardegna, si sono contate 14 ondate di calore. Alle Cinque Terre, durante l’estate, si è toccato un picco di +3,65°C rispetto alla media.
Le conseguenze? Gorgonie in necrosi, coralli sbiancati, mucillagine ovunque. A Portofino il 94% delle colonie di Paramuricea clavata è stato colpito, con mucillagine che copriva fino all’80% delle superfici.
Nel frattempo, avanzano le specie termofile e aliene: l’alga verde Caulerpa cylindracea, il pesce pappagallo, il barracuda mediterraneo, la donzella pavonina.
Valentina Di Miccoli di Greenpeace Italia va dritta al punto: «I dati del 2024 confermano l’aumento graduale delle temperature di anno in anno, con valori così elevati mai registrati prima nel bacino del Mediterraneo. Il nostro mare è ricco di biodiversità, ma rischiamo di perdere questo straordinario patrimonio naturale se non estendiamo la superficie di mare protetta e non riduciamo le emissioni di gas serra».
Il confronto con i dati dei cinque anni del progetto dice che l’AMP di Capo Carbonara (Sardegna) resiste meglio. L’isola d’Elba, invece, mostra un pessimo stato ecologico: è l’unica area non protetta.
Monica Montefalcone dell’Università di Genova conferma: «I risultati del quinto anno del progetto Mare Caldo mostrano in maniera inconfutabile gli effetti del cambiamento climatico sugli ambienti marini sommersi dei nostri mari. Le numerose anomalie termiche rilevate in tutte le stazioni della rete e la presenza di evidenti segnali di impatto negli ecosistemi costieri delle aree monitorate quest’anno sono indipendenti dalla loro localizzazione geografica, dalla diversa latitudine e dal diverso livello di conservazione».
Il mare si scalda, la biodiversità soffre. Intanto, le chiacchiere sulle emissioni continuano.