C’è un fenomeno che avvelena il dibattito pubblico online: il negazionismo da tastiera. Non quello dei grandi eventi storici, già abbastanza grave, ma quello del quotidiano, dell’ovvio, di ciò che non avrebbe bisogno di prove. Una malattia che trasforma Facebook in una piazza delirante, dove la realtà diventa un’opinione.
L’ultima dimostrazione è arrivata con la notizia della morte di Pippo Baudo, autentico gigante della televisione italiana. Fonti ufficiali, comunicati e necrologi hanno confermato il fatto. Eppure, nei commenti, si è scatenata la solita marmaglia del sospetto: *“Non ci credo”, “È tutta una bufala”, “Finché non lo vedo in tv non è vero”. Come se la realtà dovesse attendere il bollino blu dei negatori seriali per esistere.
Questi commentatori non sono informati, né tanto meno critici. Sono semplicemente ostaggi di un atteggiamento infantile e arrogante: credono di essere più furbi degli altri, quando in realtà dimostrano solo un rifiuto patologico dei fatti. Non leggono, non approfondiscono, non verificano.
Commentano, punto. E nel farlo trascinano la discussione pubblica sempre più in basso.
Il risultato è devastante: in un momento in cui la comunità avrebbe potuto ricordare un personaggio che ha segnato la cultura popolare, i social si sono trasformati in una fiera del complottismo spicciolo. La verità si dissolve e diventa un’opzione a scelta personale. È la dittatura del “non ci credo”, dove chi urla di più decide ciò che è reale.
Ridicolo? Sì. Ma anche pericoloso. Perché in un mondo in cui nessuna notizia è mai vera, tutto diventa sospetto. E così si costruisce una società fragile, incapace di distinguere il vero dal falso. Una società che ride di fronte alla morte di Pippo Baudo, ma che domani potrebbe negare una tragedia ben più grave.
Il risultato? Una comunità virtuale che, invece di elaborare un lutto collettivo per un personaggio amato, si trasforma in una fiera del complottismo spicciolo, dove si discute se Baudo sia davvero morto o se, addirittura, “stia bene e se la rida leggendo le notizie”. Una degenerazione culturale che rasenta la follia: la morte negata come se fosse un’opinione.
C’è poco da ridere: questo atteggiamento non è solo ridicolo, è pericoloso. Perché crea un clima in cui nessuna notizia è più credibile, nessuna fonte è più affidabile, e la verità diventa un optional da scegliere nel menù a tendina del proprio umore quotidiano. È l’anticamera del caos informativo, dove chi urla più forte detta la realtà.
Che dire? A chi nega anche l’evidenza, forse non resta che augurare di vivere in un mondo parallelo, popolato solo dai loro “non ci credo”. Un universo immaginario dove Pippo Baudo è ancora vivo, la Terra è piatta e Facebook è un’enciclopedia scientifica. Un mondo perfetto per loro, purché smettano di inquinare il nostro.