C'è qualcosa di profondamente sbagliato se il primo giorno di scuola, un momento di rinascita e di nuove opportunità, si trasforma in una corsa alla superficialità e all'autodistruzione. Il recente episodio avvenuto nel Sud Salento, dove una ragazza di 15 anni è finita in ospedale dopo aver bevuto vodka durante le lezioni, è solo l'ennesimo segnale di una società che, purtroppo, sembra perdere il controllo.
L'idea che una "sfida social" possa spingere un'adolescente a mettere a rischio la propria salute è agghiacciante, ma non sorprendente.
Da TikTok a Instagram, i giovani si trovano intrappolati in una spirale di notorietà istantanea e approvazione digitale. Questi "challenge" non sono altro che l’eco di una cultura che premia il gesto estremo, l’assurdo, e non il merito. Bere vodka in classe non è un errore casuale, è il prodotto di un meccanismo perverso che vede nella trasgressione il mezzo per emergere, per ottenere un like in più, un follower in più.
Ma cosa stiamo insegnando a questi ragazzi? C'è un vuoto, quello educativo, che lascia il posto a modelli di comportamento disastrosi. La scuola, che dovrebbe essere il terreno fertile per crescere, imparare e formarsi, diventa il teatro di bravate prive di senso. Non è colpa solo dei social, ma di un'intera società che non riesce più a comunicare con le nuove generazioni, abbandonandole a una giungla digitale senza regole né guida.
Ecco allora che una ragazzina di 15 anni finisce al pronto soccorso di Tricase, un finale che avrebbe potuto essere ben più tragico.
Fortunatamente, la ragazza è stata dimessa, ma il problema resta: cosa abbiamo sbagliato? E cosa dobbiamo fare per evitare che episodi come questo si ripetano? La risposta non può essere solo nelle regole scolastiche, nei divieti o nelle punizioni. Deve partire dalle famiglie, dalle istituzioni e, soprattutto, da un ripensamento collettivo del nostro rapporto con la tecnologia e con il mondo che offre ai giovani.
Non possiamo permetterci che il primo giorno di scuola, simbolo di speranza e futuro, diventi l'ennesimo spettacolo di un fallimento. Le sfide, quelle vere, sono altre: studiare, crescere, formarsi. E soprattutto, imparare a dire no a un sistema che premia la distruzione e ignora il valore dell’impegno.