Un appello forte, condiviso e soprattutto unitario. È quello lanciato dai sindaci di Sorso e Sennori, Fabrizio Demelas e Nicola Sassu, dopo la notte di violenza tra sabato 28 e domenica 29 giugno a Sennori. Una rissa scoppiata durante i festeggiamenti per San Giovanni Battista, finita a coltellate. Cinque ragazzi feriti, uno in condizioni gravissime.
«Come sindaci intendiamo esprimere pubblicamente la nostra posizione congiunta», scrivono Demelas e Sassu. Una dichiarazione netta, che richiama rispetto e responsabilità. «Le comunità di Sorso e Sennori, pur gelose della propria identità, sono legate da rapporti storici, culturali ed economici. Non saranno mai divise da atti violenti di pochi deviati».
Secondo gli inquirenti, quella notte si è consumato un regolamento di conti tra due gruppi rivali. Vecchie ruggini, alimentate da tensioni e sfide passate. Poi il coltello. Alessio Tonzanu, 18 anni, di Sorso, è stato arrestato per tentato omicidio e lesioni aggravate. Davanti al gip Gian Paolo Piana, ha scelto di non parlare. Il giudice ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere. Tra i feriti, il 21enne Francesco Sircana: ora è in coma farmacologico, colpito da una decina di fendenti.
Nel comunicato, i sindaci non cercano scorciatoie: «L’episodio non solo è grave e inaccettabile, ma è completamente estraneo allo spirito pacifico delle nostre comunità. Non troverà mai spazio nella visione di futuro che costruiamo ogni giorno con la maggioranza sana dei cittadini».
Demelas e Sassu rifiutano anche l’idea di fermare gli eventi pubblici: «Sarebbe come arrendersi. Sospendere feste e momenti di socialità significherebbe alimentare la paura. Non possiamo cedere».
«Siamo vicini, umanamente e istituzionalmente, alle famiglie coinvolte — scrivono ancora —. Continueremo a presidiare la legalità e a difendere la serenità dei nostri cittadini. Sorso e Sennori rispondono insieme, con dignità e unità».
Intanto, sul fronte delle indagini, la tensione resta alta. La Romangia si lecca le ferite e guarda avanti. Ma, come hanno detto i due sindaci, «non ci pieghiamo». Una promessa semplice e netta. Proprio come le parole che servono, quando si tratta di comunità ferite ma decise a non mollare.