La Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei rappresenta uno dei culti mariani più radicati e significativi della cristianità moderna, legato indissolubilmente alla figura del Beato Bartolo Longo e alla trasformazione spirituale e sociale di una terra un tempo desolata. Questo rapporto tra devozione popolare, impegno caritatevole e architettura sacra ha reso Pompei non solo un centro di pellegrinaggio globale, ma anche un simbolo di redenzione e rinascita. Attraverso l’analisi delle fonti storiche, delle testimonianze miracolose e delle pratiche liturgiche, emerge un quadro complesso in cui fede, arte e impegno civile si intrecciano in modo unico.
Nel XIX secolo, la Valle di Pompei era una zona paludosa e insalubre, caratterizzata da povertà e degrado morale. I pochi abitanti, per lo più contadini, vivevano in condizioni precarie, esposti a malattie e influenze criminali. In questo scenario, l’arrivo di Bartolo Longo nel 1872 segnò una svolta epocale. Inviatovi come amministratore dei beni della contessa Marianna De Fusco, Longo – ex anticlericale e praticante di spiritismo – visse una profonda conversione spirituale che lo portò a dedicarsi all’evangelizzazione attraverso il Rosario.
L’idea di erigere un santuario dedicato alla Vergine del Rosario nacque dalla necessità di offrire un luogo di culto accessibile alla popolazione locale. La prima pietra fu posata nel 1876, e i lavori si conclusero quindici anni dopo, con la consacrazione ufficiale il 7 maggio 1891. L’edificio, inizialmente modesto, si trasformò gradualmente in un complesso maestoso in stile neobarocco, arricchito da una facciata inaugurata nel 1901 e da un campanile completato nel 1925. Il santuario divenne non solo un centro spirituale, ma anche un motore di sviluppo economico e sociale per la regione.
La biografia di Bartolo Longo riflette un percorso di redenzione personale e collettiva. Nato a Latiano nel 1841, studiò giurisprudenza a Napoli, dove entrò in contatto con ambienti anticlericali e si avvicinò allo spiritismo. La crisi esistenziale che ne seguì lo portò a riavvicinarsi alla fede cattolica grazie all’aiuto di amici e direttori spirituali. Trasferitosi a Pompei, dedicò la vita all’educazione religiosa dei contadini, fondando scuole, ospizi e istituzioni caritative.
Il rapporto con Marianna De Fusco, inizialmente professionale, suscitò pettegolezzi che spinsero i due a sposarsi nel 1885. Il matrimonio, vissuto in castità, permise loro di concentrarsi sulle opere pie, diventando figure di riferimento per orfani e indigenti. Questo aspetto sottolinea come Longo abbia integrato la dimensione spirituale con un impegno concreto verso i bisognosi, anticipando i principi della dottrina sociale della Chiesa.
La basilica, progettata dall’architetto Antonio Cua e ampliata da Giovanni Rispoli, unisce elementi neoclassici e barocchi, riflettendo l’esuberanza devozionale dell’epoca. L’interno, a croce latina, ospita una navata centrale affrescata con episodi del Rosario, mentre la cupola, alta 57 metri, domina il paesaggio circostante. La cappella del Beato Longo, aggiunta successivamente, custodisce le sue spoglie e attira fedeli da tutto il mondo.
L’icona mariana venerata a Pompei, di scuola napoletana del XVII secolo, raffigura la Vergine che porge il Rosario a Santa Caterina da Siena e a San Domenico. Acquistata da Longo nel 1875 per pochi soldi, l’immagine – originariamente deteriorata – fu restaurata più volte e arricchita di gemme donate dai fedeli in segno di gratitudine per le grazie ricevute. La sua esposizione pubblica nel 1876 coincise con il primo miracolo documentato: la guarigione di una donna affetta da epilessia.
Scritta da Longo nel 1883 come risposta all’enciclica Supremi apostolatus officio di Leone XIII, la Supplica è un inno alla misericordia divina e un appello alla conversione. Il testo, recitato l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, unisce elementi liturgici e poetici, enfatizzando il ruolo di Maria come mediatrice tra Dio e l’umanità.
Trasmessa in diretta mondiale dal 1939, la Supplica coinvolge milioni di fedeli, trascendendo confini culturali e linguistici. Questo rito, nato in una valle campana, è diventato un fenomeno universale, simbolo di unità nella diversità. L’uso di mezzi di comunicazione moderni, come la televisione e internet, ha amplificato la sua portata, rendendo Pompei un crocevia spirituale del terzo millennio.
Oltre alla guarigione del 1876, gli annali del santuario registrano numerosi casi ritenuti miracolosi. Nel 1899, a Lecce, una suora salesiana invocò la Madonna di Pompei per una ragazza paralizzata, che riprese a camminare istantaneamente. Tali episodi, sebbene non sempre riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, rafforzano la devozione popolare e alimentano il flusso di pellegrini.
Le migliaia di ex voto custoditi nel santuario – oggetti personali, fotografie, targhe commemorative – testimoniano una fede vissuta in modo tangibile. Questa pratica, radicata nella cultura mediterranea, evidenzia il legame emotivo tra i fedeli e la Vergine, percepita come madre accogliente e soccorritrice.
Per Longo, il Rosario non era una semplice sequenza di preghiere, ma un “dolce legame” con Dio, capace di trasformare i cuori. La sua insistenza sulla recita quotidiana influenzò la pietà popolare, contribuendo a rivitalizzare una pratica allora in declino.
Le opere caritative legate al santuario – orfanotrofi, ospedali, scuole – dimostrano come la devozione mariana possa tradursi in azione concreta. Questo approccio, che unisce preghiera e impegno sociale, anticipa temi cari al Concilio Vaticano II e al magistero di papa Francesco.
Il culto della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei incarna una sintesi unica di fede, arte e solidarietà. Dal riscatto morale di Bartolo Longo alla costruzione di un santuario diventato faro di speranza, questa storia dimostra come la devozione popolare possa generare trasformazioni profonde, individuali e collettive. In un’epoca segnata da sfide globali, Pompei si offre come modello di resilienza spirituale, invitando a credere nel potere della preghiera e della carità.