Dopo aver ripercorso la tumultuosa parabola di Bettino Craxi, il nostro viaggio nella storia dei Presidenti del Consiglio italiani ci porta a Carlo Azeglio Ciampi, una figura che potremmo considerare l’antitesi del politico di professione. Se Craxi era il simbolo del carisma politico e delle grandi battaglie parlamentari, Ciampi rappresentava invece l’uomo delle istituzioni, il tecnocrate per eccellenza che aveva dedicato tutta la sua vita al servizio dello Stato, sempre nell’ombra, fino a quando, all'inizio degli anni '90, l’Italia aveva bisogno di un timoniere sobrio e rassicurante.
Carlo Azeglio Ciampi, nato a Livorno nel 1920, non era nato per la politica ma per il servizio pubblico. La sua carriera iniziò nella Banca d’Italia subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, e da lì percorse tutti i gradini del prestigioso istituto, fino a diventare governatore nel 1979.
Per più di un decennio, fu il guardiano della stabilità economica italiana, un ruolo che svolse con una dedizione assoluta, senza mai farsi trascinare nel caos delle lotte politiche che devastavano l’Italia durante gli Anni di Piombo.
Il passaggio alla politica attiva avvenne nel 1993, in un’Italia sconvolta dagli scandali di Tangentopoli e con la classe politica storica letteralmente decimata. I partiti avevano bisogno di una figura che potesse riportare ordine e fiducia nelle istituzioni, e la scelta cadde proprio su Ciampi, che venne chiamato a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio. Non aveva mai avuto cariche politiche fino a quel momento, eppure era proprio ciò di cui il Paese aveva bisogno.
Quando Ciampi prese le redini del governo, la priorità era chiara: riportare stabilità e preparare l’Italia all'ingresso nell’Unione Economica e Monetaria Europea, che avrebbe portato alla nascita dell’euro. Il debito pubblico era altissimo, e l’inflazione stava rischiando di compromettere la competitività dell’Italia sul piano internazionale. Ciampi, con il suo stile sobrio e metodico, sapeva che le misure da prendere non sarebbero state popolari, ma per lui l’interesse dello Stato veniva prima di tutto.
La riforma fiscale e la riduzione del deficit furono i capisaldi del suo breve ma incisivo governo. Ciampi introdusse misure di austerità, tagli alla spesa pubblica e un aumento delle tasse, tutti sacrifici necessari per raggiungere i parametri richiesti dall’Unione Europea. Non fu facile. L’Italia era stanca e provata dagli scandali, e le misure di austerità non furono accolte con favore da gran parte della popolazione. Ma Ciampi riuscì a far passare le riforme grazie al suo profondo rispetto per le istituzioni e alla sua capacità di mantenere una visione chiara e a lungo termine.
Ciampi non era un politico tradizionale, e questo era evidente anche nel suo stile personale. Un episodio famoso riguarda il suo insediamento: si presentò alla prima riunione di governo senza cravatta, un gesto che suscitò molta curiosità. Ciampi non amava i formalismi e preferiva concentrarsi sulla sostanza. Tuttavia, anche questo gesto venne letto come un segnale di cambiamento: un governo tecnico, senza fronzoli, che avrebbe fatto il necessario per salvare il Paese.
Eppure, nonostante la sua immagine austera, Ciampi era un uomo profondamente umano. Amava il calcio, tifava per la Fiorentina, e quando non si occupava di finanza e politica, dedicava il suo tempo alla lettura e alla riflessione filosofica. Si racconta che durante un incontro con i sindacati, in un momento di tensione particolarmente alto, Ciampi si fermò un attimo, sorrise e disse: "Sapete, non sempre si vince, ma l’importante è non perdere di vista l’obiettivo comune." Questo era lo spirito che lo caratterizzava: un uomo che sapeva ascoltare, che non si lasciava trascinare dall’ego o dall’emotività, ma che puntava sempre al bene collettivo.
Il governo Ciampi durò solo un anno, dal 1993 al 1994, ma fu un anno decisivo. Grazie alle sue riforme, l’Italia riuscì a rispettare i parametri di Maastricht, ponendo le basi per l’adozione dell’euro nel 1999. Sebbene non fosse più premier in quel momento, Ciampi venne riconosciuto come uno dei principali artefici del successo italiano in Europa. Il suo ruolo nella stabilizzazione economica e nella riforma della finanza pubblica fu cruciale, e la sua figura divenne un simbolo di serietà e integrità.
Ma Ciampi non finì qui. Nel 1999 venne eletto Presidente della Repubblica, dove continuò a essere il custode delle istituzioni, difendendo i valori della Costituzione e mantenendo un altissimo livello di rispetto internazionale per l’Italia. Durante il suo settennato al Quirinale, divenne famoso per le sue appassionate difese dell’inno nazionale e del Tricolore, simboli che secondo lui rappresentavano l’unità e la coesione di un Paese che aveva vissuto troppi scandali e divisioni.
Carlo Azeglio Ciampi è stato il garante della stabilità in un’Italia sull’orlo del collasso, ma il suo passaggio alla guida del governo e alla Presidenza della Repubblica segnò anche la fine di un’epoca. Dopo di lui, l’Italia avrebbe affrontato nuovi e diversi scenari, e il prossimo grande protagonista della scena politica sarebbe stato Silvio Berlusconi, che con il suo primo governo nel 1994 avrebbe cambiato radicalmente le regole del gioco. Berlusconi non era un uomo delle istituzioni, ma un imprenditore prestato alla politica, e con lui l’Italia sarebbe entrata in una nuova fase, segnata da innovazioni, contraddizioni e grandi scontri.
Nel prossimo episodio, ci concentreremo proprio su Berlusconi e il suo debutto nella politica italiana, una vera rivoluzione per un sistema che stava cambiando volto. Ma non mancheranno sorprese e colpi di scena, perché Berlusconi non era un uomo destinato a passare inosservato...