Il ciclismo ha le sue liturgie immutabili, e una di queste è scritta sulle rampe del Mur-de-
Bretagne. Qui, dove la strada si impenna verso il cielo bretone con una cattiveria che non
perdona, Tadej Pogacar torna a vestire i panni del padrone. Il campione del mondo
sloveno non ha aspettato i grandi tapponi montani per lanciare il suo primo avvertimento:
sul doppio passaggio del muro guerledanense, là dove si separano i veri corridori dai
semplici pedalatori, il fenomeno di Komenda ha mostrato i muscoli.
La giornata nasce sotto il segno dell'irrequietezza. Sono le 12:27 quando il commissario
abbassa la bandiera a Saint-Malo, e subito la corsa prende fuoco. Wout van Aert e Victor
Campenaerts provano il primo allungo, ma è solo l'antipasto di una mattinata convulsa.
Per sessanta chilometri è un susseguirsi di scatti e contromosse, con la UAE Team
Emirates di Pogacar che fa la guardia come un mastino diffidente. Ogni tentativo di fuga
viene stroncato sul nascere, finché non si forma il quintetto giusto: Marco Haller, Geraint
Thomas, Ewen Costiou, Iván García Cortina e Matteo Trentin prendono il largo con la
benedizione del gruppo.
Ma questa è una di quelle giornate in cui la fuga sa già di essere condannata. Un minuto e
mezzo di vantaggio, forse due nei momenti migliori, poi la morsa si stringe inesorabile.
Dietro, l'Alpecin di van der Poel e la UAE di Pogacar controllano con la pazienza del ragno
che tesse la tela. La velocità è sostenuta, quasi cinquanta chilometri orari di media, e
quando si arriva al traguardo volante di Mûr-de-Bretagne, García Cortina si prende i punti
in fuga mentre in gruppo è battaglia vera tra le squadre dei velocisti.
La corsa entra nel vivo quando mancano trenta chilometri. Il quintetto di testa si sgretola
pezzo dopo pezzo, e quando inizia la prima scalata al GPM bretone, solo Costiou resiste
all'andatura. Ma è l'ultimo baluardo di una resistenza ormai agli sgoccioli. Dietro, la Visma |
Lease a Bike di Vingegaard ha preso in mano le redini e sta imprimendo un ritmo feroce.
Edoardo Affini prima, Victor Campenaerts poi, martellano sulle rampe con una violenza
che fa male agli occhi e alle gambe di chi deve seguire.
È qui che accade l'impensabile: Mathieu van der Poel, l'uomo che sembrava invincibile,
crolla. Il campione olandese perde le ruote dei migliori e si ritrova nel secondo gruppetto,
la maglia gialla che gli scivola via dalle spalle come sabbia tra le dita. La selezione è
spietata, il gruppo si spezza in due tronconi, e quando si ridiscende verso il paese, sono
appena una cinquantina i corridori che possono ancora sognare.
Ma il destino ha in serbo un colpo di scena amaro. A sette chilometri dall'arrivo, proprio
quando la tensione è al culmine, il gruppo si frattura in una caduta che ha il sapore della
tragedia. Ben Healy, Mick van Dijke, Enric Mas, João Almeida, Guillaume Martin, Santiago
Buitrago: nomi importanti che finiscono sull'asfalto in un groviglio di biciclette e ambizioni
infrante. L'asfalto si tinge di rosso, le maglie si strappano, e per qualcuno, forse, il Tour
potrebbe essere già compromesso, se non finito.
Davanti, però, la corsa non aspetta. Sono rimasti in quarantadue a giocarsi la vittoria, e
quando inizia l'ultima salita al Mur-de-Bretagne, ogni metro diventa una sentenza. Aurélien
Paret-Peintre prova a tenere un ritmo sostenuto, ma è solo il preludio all'esplosione finale.
A un chilometro e mezzo dall'arrivo, quando la pendenza morde le gambe e il respiro si fa
corto, Pogacar decide che è il momento di mostrare chi comanda.
Lo scatto del campione del mondo è una frustata che spacca il gruppetto dei migliori. Solo
Remco Evenepoel e Jonas Vingegaard riescono a tenere la ruota del fenomeno sloveno,
mentre dietro Kévin Vauquelin e Matteo Jorgenson provano disperatamente a ricucire. Ma
quando Pogacar decide di accelerare, non c'è discussione possibile. Il belga Evenepoel
prova a dargli il cambio, Vingegaard resta incollato come un'ombra, ma è solo questione di
tempo.
Negli ultimi settecento metri, quando la strada sembra salire verso l'infinito, Pogacar
guarda indietro e capisce che van der Poel non c'è. È il momento della verità, la volata che
vale una tappa e una maglia. Lo sloveno parte lungo, potente, inarrestabile. Vingegaard lo
segue ma non ha la forza per affiancarlo, Onley completa un podio che ha il sapore della
sorpresa, mentre Evenepoel deve accontentarsi del sesto posto.
Tadej Pogacar taglia il traguardo con il braccio al cielo, 4 ore 5 minuti e 39 secondi di fatica
e gloria. Si riprende la maglia gialla con autorità, lasciando Evenepoel a 54 secondi e
Vingegaard a 1 minuto e 17. Van der Poel, il grande sconfitto di giornata, scivola in quinta
posizione a 1 minuto e 29, mentre Vauquelin, l'uomo rivelazione di questo Tour, si difende
in terza piazza generale.
Il Mur-de-Bretagne ha parlato, e ha detto che questo Tour de France ha probabilmente
trovato un padrone. Pogacar ha lanciato il guanto di sfida, e ora tocca agli altri
raccoglierlo. Ma su queste rampe bretoni, dove il vento sa di salmastro e la strada non
perdona, il campione del mondo ha dimostrato ancora una volta perché porta quella
maglia iridata sul petto. E domani, quando il sole sorgerà di nuovo sulla Grande Boucle,
tutti sapranno che la caccia al gigante di Komenda è ufficialmente iniziata.
Ewen Costiou si aggiudica il premio della combattività per la sua generosa e coraggiosa
azione.