C'è un fetore che si diffonde nel mondo del calcio, un odore nauseante di marcio che non è nuovo, ma che puntualmente ci viene riproposto. Questa volta il protagonista è Salvatore Bagni, ex calciatore e oggi dirigente sportivo, finito nell’occhio del ciclone grazie a un’inchiesta delle Iene. Ma attenzione, perché questa non è una storiella da raccontare al bar. Qui si parla di soldi, di bustarelle e di una realtà che, purtroppo, non scandalizza più nessuno.
Il copione è quello di sempre. Un giovane calciatore che sogna di giocare in Serie C. Non in Serie A, non in Champions League, ma nella modestissima Serie C. Eppure, anche lì, dietro le quinte, comanda il denaro. Bagni spiega senza pudore come funziona il sistema: "Quelli che cerchiamo noi li paghiamo, ma quelli che non cerchiamo ci devono pagare". Semplice e spietato. Vuoi che tuo figlio giochi? Paghi. Altrimenti, torna a casa a studiare.
Il prezzo è chiaro: 30 mila euro cash per garantire un posto in squadra. E se proprio si vuole fare bella figura, si versano anche 20 mila euro alla società. Ma non basta. Vuoi la garanzia che il ragazzo giochi davvero? Basta un altro piccolo extra. "Alla Vis Pesaro sicuramente. Lì il direttore è un mio amico", dice Bagni. Giocare, quindi, è una questione di contanti, non di talento. È il denaro che decide se scendere in campo o restare in panchina. Il talento, quel dettaglio romantico che credevamo al centro dello sport, è ridotto a una farsa.
E badate, Bagni non è un caso isolato. È solo un ingranaggio di un sistema più grande, una piaga che infetta il calcio dalle fondamenta. Allenatori che fanno favori agli amici, dirigenti che si arricchiscono vendendo sogni a genitori e ragazzi. E le società? Complici o vittime? Poco importa. Nessuno si scandalizza davvero. Qualcuno s'indigna per finta, altri voltano la testa dall'altra parte, magari in attesa della prossima busta.
La verità è che il calcio italiano è un pantano dove il merito è schiacciato sotto il peso dei contanti. I giovani che sognano di diventare calciatori non devono allenarsi, migliorare o sudare. Devono solo trovare qualcuno disposto a pagare. I padri diventano sponsor, i figli clienti, e il campo di calcio si trasforma in un mercato dove tutto ha un prezzo.
E la dignità? Quella è sparita da tempo. Chissà se Bagni, quando indossava la maglia azzurra del Napoli, avrebbe mai immaginato di finire a fare il mercante di sogni. O forse lo sapeva già, perché in fondo il calcio è sempre stato questo, solo che prima si sussurrava negli spogliatoi, mentre oggi si ammette davanti a una telecamera.
Ma, mi raccomando, non fatevi illusioni. Nessuno cambierà nulla. Non cambierà Bagni, non cambieranno i suoi amici direttori, non cambieranno i genitori pronti a vendere un rene pur di vedere il figlio in campo. E soprattutto non cambierà il calcio, che continuerà a vendere sogni a caro prezzo, anche quando sono sogni destinati a finire in frantumi.