Populismi, il grido del nostro tempo - Il linguaggio dei populismi, una rivoluzione comunicativa

  C'è un elemento che distingue i populismi contemporanei da tutte le altre correnti politiche: il linguaggio. Non si tratta solo di cosa dicono, ma di come lo dicono. È il linguaggio diretto, emotivo, privo di filtri, che arriva a chi è stato abituato a non sentirsi ascoltato. I populismi non parlano “alla gente”, parlano come la gente. Una rivoluzione comunicativa che ha messo in crisi i partiti tradizionali, prigionieri di retoriche obsolete e incapaci di comprendere le nuove dinamiche sociali. La fine della mediazione: il leader come voce diretta del popolo I populismi hanno abbattuto la barriera tra leader e elettorato. In passato, i politici parlavano attraverso intermediari: la stampa, i partiti, i sindacati. Oggi, grazie ai social media, i leader populisti si rivolgono direttamente ai cittadini. Matteo Salvini in Italia, Donald Trump negli Stati Uniti, Marine Le Pen in Francia: tutti hanno costruito il loro consenso attraverso un rapporto diretto e personale con i propri elettori. Twitter, Facebook e Instagram non sono solo piattaforme, ma armi politiche. Salvini posta foto di pasti casalinghi e di incontri con elettori nelle periferie, Trump scriveva tweet che sembravano pensieri grezzi, quasi improvvisati. Questo linguaggio quotidiano, che rompe con la formalità della politica tradizionale, fa sembrare i leader populisti autentici, vicini. 

  “Uno di noi” contro “loro”, le élite distanti che parlano un linguaggio incomprensibile e paternalistico. L’uso delle emozioni: la retorica del “sentire” Il linguaggio populista non cerca di convincere con dati e grafici, ma con emozioni. Si fonda su tre principi: semplicità, identificazione e antagonismo. Le loro parole non sono rivolte alla ragione, ma al cuore. Quando un leader populista dice “Difendiamo il nostro lavoro dagli stranieri”, non sta facendo un’analisi economica, ma sta parlando al timore, spesso reale, di chi si sente escluso dal mercato del lavoro. La semplicità non è superficialità: è una strategia. In un mondo complesso e incerto, il populismo offre risposte chiare e immediate. Chi lavora 10 ore al giorno per uno stipendio precario non vuole sentir parlare di “riforme strutturali” o “strategie globali”. Vuole sentirsi dire che c’è una soluzione, e che qualcuno combatterà per lui. Ma il cuore pulsante del linguaggio populista è l’antagonismo. Loro contro noi. I cittadini contro le élite. 

  I lavoratori contro i burocrati. Gli italiani contro gli immigrati. Questo dualismo, per quanto semplificato, dà forza al messaggio e rafforza il senso di appartenenza al gruppo. Il populismo digitale: una comunicazione senza filtri I social media non sono solo uno strumento per diffondere messaggi, ma un nuovo linguaggio politico. Qui, la comunicazione non segue le regole tradizionali della politica: non ci sono conferenze stampa, non ci sono tempi di riflessione. Tutto è immediato. Questo ha permesso ai populismi di aggirare i filtri dei media tradizionali, che spesso criticano o ridimensionano i loro messaggi. Su Twitter o Facebook, il leader populista può dire ciò che vuole, nel modo che preferisce, e raggiungere milioni di persone senza intermediazioni. In Italia, il caso di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle è emblematico. Nato come un blog, il movimento ha costruito la sua intera narrazione politica online, utilizzando il linguaggio diretto e provocatorio tipico dei social. Questo ha creato un legame unico con gli elettori, che si sentivano parte di una comunità, non semplici spettatori. La crisi comunicativa dei partiti tradizionali Mentre i populisti innovavano il linguaggio politico, i partiti tradizionali restavano ancorati al passato. 

  La sinistra, in particolare, ha continuato a utilizzare un linguaggio tecnocratico e complesso, che non parla più alle persone. “Bisogna affrontare le sfide del mercato globale con politiche di lungo termine” è una frase che non dice nulla a chi fatica a pagare l’affitto. Questa incapacità di adattarsi alle nuove dinamiche comunicative ha creato un divario enorme tra i partiti tradizionali e il loro elettorato. I populisti, invece, hanno saputo colmare quel divario, utilizzando un linguaggio che parla direttamente alle paure e alle speranze della gente comune. Il rischio di una retorica senza sostanza Ma il linguaggio populista, per quanto efficace, ha un limite: rischia di essere solo forma senza contenuto. Offrire risposte semplici a problemi complessi può funzionare nel breve termine, ma nel lungo termine rischia di creare disillusione. Il caso di Donald Trump è emblematico: eletto con una retorica anti-sistema, ha faticato a tradurre le sue promesse in politiche concrete.

  In Italia, il Movimento 5 Stelle ha vissuto una parabola simile: dalla retorica rivoluzionaria degli inizi si è trasformato in un partito che fatica a mantenere la propria identità. Questo dimostra che il linguaggio populista, da solo, non basta. Per durare, deve essere accompagnato da azioni concrete e da una visione a lungo termine. Conclusione: una rivoluzione ancora in corso Il linguaggio populista ha cambiato per sempre il modo in cui facciamo politica. Ha reso la comunicazione più diretta, più emotiva, più vicina alle persone. Ma ha anche evidenziato i limiti dei partiti tradizionali, che faticano a comprendere le nuove dinamiche sociali e culturali. Nel prossimo articolo, analizzeremo come il populismo abbia conquistato le periferie e le aree rurali, creando una nuova geografia politica che sta ridisegnando il panorama elettorale globale.

Attualità

L'osservatorio di Guerrini: Un terremoto nella politica sarda
Cagliari. Un terremoto. Nella politica sarda. Bartolazzi, assessore regionale alla Sanità (grande delusione, peraltro prevedibile) ha i giorni contati. Lo scrive la Nuova Sardegna. L'oncologo romano dovrebbe lasciare i prossimi giorni. È una notizia non ufficiale ma assolutamente verosimile. Non c'è un sostituto. Alessandra Todde prenderebbe per qu...

L'Osservatorio di Guerrini: L'arte della politica
Cagliari. L'arte della politica. Può essere la condanna di un territorio, se venata di intenti speculativi attraverso il potere. Ne abbiamo avuto la prova nel quinquennio sardista-salviniano. Che ora è al vaglio dei Pm e dei giudici. L'avvento del Campo Largo nel governo della Sardegna - lo ripeterò sino alla noia - io l'ho benedetto. Trovo nel cam...

L'osservatorio di Guerrini: La svolta politica
Regione Sardegna. Se la svolta politica è mantenere in carica, in molti casi, le risorse umane del nefasto quinquennio sardista-salviniano. Quelle stesse pedine del potere che hanno mostrato totale sudditanza al Governatore dello scellerato patto tra i 4 Mori e i colonizzatori lumbard del Carroccio. Semplicemente per opportunità di carrierismo. In ...

L'osservatorio di Guerrini: Luciano Uras e i progressisti di Massimo Zedda
Cagliari. Luciano Uras e i Progressisti di Massimo Zedda. Il feeling si è rotto. L'ex senatore, considerato il guru del Partito per la sua esperienza, ha fatto un clamoroso e inaspettato passo indietro. In effetti un po' di gelo sembra sia calato improvvisamente nei rapporti con Massimo Zedda. Qualcosa è a accaduta. Probabilmente c'è stata una dive...

L'osservatorio di Guerrini: Racconto
Racconto domenicale. Ho vissuto i tempi bui degli anni di piombo. Quando le Brigate Rosse uccidevano uomini che rappresentavano, nella loro folle e criminale visione, simboli da abbattere. Nel 1977 a Torino colpirono il giornalista Carlo Casalegno, che morì dopo 13 giorni in ospedale. A Milano una formazione parallela delle Br, la Brigata 28 marz...

L'osservatorio di Guerrini: Lo scandalo degli speculatori politi nella sanità privata
Cagliari. Lo scandalo degli speculatori politici nella Sanità privata. Diversi esponenti di primo piano della classe dirigente sarda hanno quote di partecipazione in aziende private nel sistema salute. I loro nomi sono sulla bocca di tutti. E intanto la Sanità pubblica vede ridotti i finanziamenti dello Stato. Con funzioni e servizi del SSN che ven...

L'osservatorio di Guerrini: Cagliari, è quasi una ribellione
È quasi una ribellione. Politica. Nel Campo Largo, in Sardegna. Sono in molti a storcere il naso per la presunta sostituzione del fresco dimissionario assessore regionale all'Agricoltura, Gianfranco Satta, con il capogruppo dei Progressisti, Francesco Agus. Le resistenze arrivano da più parti. La realtà è che sta scoppiando il bubbone del Partito...

L'osservatorio di Guerrini: L'assessore
Cagliari. L'assessore. È aspirazione di tanti consiglieri regionali. Un traguardo molto ambito. Soprattutto per logiche di potere. Nella Giunta guidata da Alessandra Todde ci sono tre assessori che per motivazioni di schieramento, per realtà emergenziali, per ambizioni altrui sono finiti nel mirino. Il primo è Satta (Agricoltura). Ieri si è dimess...