Il diritto alla salute. È la necessità primaria della persona. Questo diritto in Sardegna, ancor più che altrove, è negato ad una fascia enorme di popolazione. È una emergenza nazionale. Ma in una Regione tra le più depresse d'Europa diventa una realtà drammatica e inaccettabile. Anche oggi, come tutti i giorni, i segnali dello sfascio del sistema pubblico sono cronaca di un disastro quotidiano. A Portotorres, per esempio, come riportano le cronache, il medico di un poliambulatorio Ascot, nonostante l'orario di chiusura fosse alle 13,30, dalle 12,30 avrebbe rifiutato di ricevere i pazienti. Sono stati chiamati i carabinieri, dicono i cronisti. Il medico avrà sicuramente avuto le sue buone ragioni. Ma il discorso è un altro. Si può tollerare che il SSN sia a questi livelli? E sapete perché è in queste condizioni? Perché la politica ha distrutto una realtà sanitaria che era considerata un gioiello in tutto il mondo. Lo ha fatto perché curare i cittadini è un business straordinario. E così mentre gli ospedali pubblici sono passati in secondo piano, è fiorita sempre di più la Sanità privata. La cui rete mostra una invidiabile efficienza e capillarità. Sarebbe interessante conoscere quanti politici abbiano oggi interessi e partecipazioni nelle strutture cliniche private. Intanto un sardo su 5 rinuncia a curarsi per indigenza. Siamo sicuri che il sistema salute, per la sua riorganizzazione, sia in buone mani? Mi riferisco ai dirigenti, naturalmente. Intanto, il Dg dell'Assessorato alla Sanità ha inviato una comunicazione, a tutte le strutture, secondo cui le "visite diagnostiche e specialistiche sono effettuate anche nei giorni di sabato e domenica". È una "misura urgente per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie". Quindi, si "spremono" medici e infermieri per tentare di risolvere i ritardi i sovraccarichi di lavoro, le inefficienze organizzative. Mario Guerrini.