C'è qualcosa di magico nel vedere un gregario di lusso trasformarsi in
protagonista assoluto. Tim Wellens, il fedele scudiero di Tadej Pogacar nella UAE Team
Emirates XRG, scrive oggi una delle pagine più belle di questo Tour de France 2025,
conquistando in solitaria la quindicesima tappa da Muret a Carcassonne dopo un assolo
da brividi lungo 43 chilometri.
La frazione di 169,3 chilometri, con i suoi 2308 metri di dislivello e tre salite che
promettevano spettacolo, inizia subito col botto. Appena dato il via ufficiale al chilometro
zero, la corsa esplode in una raffica di scatti che vedono protagonisti Jonas Abrahamsen,
Toms Skujinš e Mauro Schmid. Ma è Neilson Powless dell'EF Education-EasyPost a
prendere inizialmente il largo, seguito a ruota da una processione di attaccanti che
rendono il ritmo infernale sin dalle prime battute.
Il dramma si consuma a 150 chilometri dal traguardo: una caduta coinvolge Florian
Lipowitz, Lenny Martinez e Julian Alaphilippe, trascinando nella polvere una sessantina di
corridori.
Il francese della Tudor Pro Cycling Team paga il prezzo più caro: la spalla esce
dalla sede naturale, costringendolo a fermarsi per farla rimettere a posto dai commissari
medici. Un episodio che segnerà profondamente il finale di giornata.
Nel caos generale, Mathieu van der Poel si erge a regista delle operazioni, scatenando
azioni a ripetizione che spezzettano il gruppo. Tadej Pogacar osserva, calcola, non si
scopre mai: il campione sloveno sa che questa non è giornata per lui, ma i suoi gregari
sono liberi di giocarsi le proprie carte. E quale carta migliore di Tim Wellens, il campione
nazionale belga che ha già conquistato vittorie al Giro d'Italia e alla Vuelta España?
La selezione prosegue inesorabile. Al traguardo volante di metà tappa passa per primo
van der Poel, ma ormai i giochi sono fatti: un gruppo di sedici uomini si stacca
definitivamente, con Wellens che studia, osserva, aspetta il momento giusto. Tra loro ci
sono nomi di peso: Victor Campenaerts, Wout van Aert, Matej Mohoric, Kaden Groves,
Quinn Simmons e Michael Storer.
La Côte de Sorèze, primo GPM di giornata, fa da catalizzatore. Alexey Lutsenko passa per
primo, ma dietro le gerarchie si rimescolano. Simmons, Storer e Jasper Stuyven si
riportano sulla testa della corsa con una splendida azione a tre, mentre il gruppo principale
fatica a mantenere il contatto sotto la spinta della INEOS Grenadiers.
È sul Pas du Sant, terzo e ultimo GPM, che Wellens inizia a tessere la sua tela. Mentre
Storer e Simmons si giocano i punti della montagna, il belga studia le mosse, valuta le
forze rimaste. La discesa irregolare che segue lo scollinamento diventa il teatro della sua
fuga: a 43 chilometri dal traguardo, quando la strada inizia a scendere verso la pianura
languedociana, Wellens scatta.
Non è uno scatto veemente, esplosivo: è il movimento di chi sa di avere le gambe giuste e
la testa ancora più giusta. Dietro, i suoi ex compagni di fuga si guardano, si studiano,
perdono secondi preziosi in tatticismi inutili. Campenaerts, Vlasov, Simmons, Storer,
Barguil, Lutsenko e Carlos Rodríguez formano un drappello di inseguitori che non riesce
mai a trovare la collaborazione necessaria per riprendere il fuggitivo.
Il margine di Wellens cresce inesorabilmente: 13 secondi, poi 30, poi 50. A 20 chilometri
dal traguardo tocca il minuto e dieci, cifra che suona come una sentenza di morte per le
speranze degli inseguitori. Il campione nazionale belga ha trasformato la sua fuga in una
dimostrazione di forza e intelligenza tattica, dosando lo sforzo con la maestria di chi ha
corso al servizio dei più forti per anni.
Mentre Wellens vola verso Carcassonne, alle sue spalle si consuma un finale nel finale.
Gli inseguitori pagano dazio uno dopo l'altro, con solo Campenaerts che riesce a
mantenere un ritmo sostenuto. Ma è troppo tardi: il belga della UAE ha già spianato la
strada verso il successo.
L'epilogo riserva però una sorpresa dal sapore agrodolce. Julian Alaphilippe, quello stesso
corridore caduto a 150 chilometri dal traguardo e costretto a farsi rimettere la spalla, riesce
nell'impresa di rientrare sul gruppo degli inseguitori. Non solo: il campione francese vince
la volata per il terzo posto battendo nientemeno che Wout van Aert.
L'euforia del
momento, unita al dolore che ancora martella la spalla malconcia e ai problemi alla
radiolina causati dalla caduta, lo portano a esultare come se avesse conquistato la vittoria
di tappa. Un equivoco comprensibile, figlio della trance agonistica e del dolore fisico che
non ha mai abbandonato le sue pedalate.
Tim Wellens taglia il traguardo di Carcassonne in solitaria dopo 3 ore, 34 minuti e 9
secondi di corsa, completando il suo personale trittico di vittorie nei Grandi Giri.
Campenaerts chiude secondo a 1'28", mentre Alaphilippe conquista un prezioso terzo
posto che vale 4 secondi di abbuono.
I big della classifica generale arrivano tutti insieme con 6'07" di ritardo, confermando che
questa era davvero giornata per gli uomini da classiche. L'unico movimento degno di nota
in graduatoria generale vede Carlos Rodríguez guadagnare una posizione ai danni di Ben
Healy, portandosi al nono posto.
Tadej Pogacar conserva saldamente la maglia gialla con 4'13" su Jonas Vingegaard, ma
può sorridere per la vittoria del suo prezioso gregario. Perché questo è il bello del ciclismo:
anche chi passa la vita al servizio degli altri, prima o poi, ha la sua giornata di gloria. E Tim
Wellens se l'è presa tutta, dal primo all'ultimo chilometro.
Ordine d'arrivo: 1. Wellens (UAE) 3:34:09; 2. Campenaerts (Visma) +1:28; 3. Alaphilippe
(Tudor) +1:36; 4. van Aert (Visma) +1:36; 5. Laurance (INEOS) +1:36
Classifica generale: 1. Pogacar (UAE) 54:20:44; 2. Vingegaard (Visma) +4:13; 3. Lipowitz
(BORA) +7:53