Abrahamsen trionfa nel teatro di Tolosa: quando il coraggio vince sulla classe

11ª Tappa Tour 2025: Il norvegese della Uno-X batte Schmid in volata dopo 157 chilometri di battaglia. Van der Poel ci prova ma arriva tardi. Pogacar cade e il gruppo lo attende: gesto di fair play sempre più raro Il sole di luglio batte impietoso sull'asfalto di Tolosa mentre il serpentone multicolore della Grande Boucle si prepara a danzare tra le colline del Midi. Sono le 13:50 quando il commissario abbassa la bandiera e subito tre anime coraggiose si lanciano nel vuoto: Mauro Schmid, Davide Ballerini e Jonas Abrahamsen. Tre nomi che suonano come una promessa di battaglia, tre corridori con più di un'ora di ritardo in classifica e quindi liberi di sognare. La strada verso Tolosa si snoda per 156,8 chilometri tra saliscendi che promettono spettacolo. Nella prima ora volano via 51,7 chilometri, un ritmo forsennato che fa presagire una giornata di fuoco. Dietro ai tre battistrada si scatena l'inferno: Wout van Aert, il campione belga dal cuore di leone, prova ripetutamente a evadere dal plotone. Con lui Connor Swift, Jasper Stuyven, altri gladiatori del pedale che non accettano di essere semplici spettatori. Il gruppo si allunga, si spezza, si ricompone come un elastico impazzito. Ogni salita diventa un'occasione di riscatto, ogni discesa un momento di tregua apparente. Quando i fuggitivi transitano al traguardo volante di Labastide-Beauvoir, Abrahamsen precede Ballerini in una sfida che sa già di finale. Dietro, a due minuti e mezzo, il serpentone delle grandi squadre concede spazio ai sognatori. Ma è sulle rampe della Côte de Vieille-Toulouse che il copione cambia. Sono 1300 metri al 6,8% con picchi del 9,9%: abbastanza per separare i forti dai fortissimi. Quinn Simmons, l'americano dalla grinta infinita, scatta come un fulmine e raggiunge il trio di testa. Davanti, Schmid dimostra di avere gambe d'acciaio e stacca tutti. Solo Abrahamsen riesce a seguire la sua ruota, mentre Ballerini paga dazio e viene inghiottito dal gruppetto inseguitore. È qui che entra in scena Mathieu van der Poel, il campione del mondo dalle mille facce. L'olandese della Alpecin-Deceuninck annusa l'aria e capisce che è il momento di muoversi. Sulla Côte de Pech David, un muro di 800 metri al 12,4% con punte del 20,1%, il "Flying Dutchman" vola via da tutti. Le sue pedalate sono poesia pura, potenza e classe che si fondono in un'unica sinfonia di velocità. Davanti però Schmid e Abrahamsen non mollano. I due si guardano negli occhi e capiscono che devono collaborare fino alla fine se vogliono tenere a bada il campione del mondo. Dietro, van der Poel macina chilometri e secondi, avvicinandosi pericolosamente ai battistrada. Quando mancano dieci secondi sembra fatta, ma la strada è traditrice e gli ultimi chilometri sono una tortura per tutti. Nel frattempo, nel gruppo dei big accade qualcosa di straordinario. Tadej Pogacar, il fenomeno sloveno che ha già vinto due Tour, scivola sull'asfalto forse dopo un contatto e finisce a terra. La caduta è brutta, il campione si rialza dolorante e con diverse escoriazioni. Ma ecco che Jonas Vingegaard, Remco Evenepoel e tutti i principali rivali rallentano, aspettano che lo sloveno rientri. È un gesto di fair play che ricorda i tempi eroici del ciclismo, quando la rivalità si fermava davanti al rispetto umano. Un comportamento sempre più raro nel ciclismo moderno, dove spesso prevale la legge del più forte. Negli ultimi chilometri la tensione è alle stelle. Schmid e Abrahamsen si alternano al comando, sapendo che van der Poel è ormai a pochi secondi. L'olandese spinge sui pedali con la disperazione di chi sa di essere arrivato tardi, ma la matematica è implacabile. All'ultimo chilometro i due battistrada si guardano per l'ultima volta, poi è pura velocità. Abrahamsen smette di dare cambi a 500 metri dal traguardo. Lo sprint è una battaglia di nervi e watts. Il norvegese della Uno-X trova la forza di superare Schmid proprio sulla linea, regalando alla sua squadra una vittoria che vale più di ogni classifica. Schmid, lo svizzero tenace, deve accontentarsi del secondo posto ma esce a testa alta da una battaglia memorabile. Van der Poel chiude terzo a soli sette secondi, probabilmente pentito di aver sottovalutato l'ultima salita. Dietro, Arnaud De Lie vince la volata del gruppetto per il quarto posto, precedendo van Aert e Laurance. La classifica generale rimane invariata con Ben Healy sempre in giallo, davanti a Pogacar, Evenepoel e Vingegaard. Ma oggi a Tolosa si è corso soprattutto per la gloria, per quel sapore antico di vittoria che solo il ciclismo sa regalare. Abrahamsen ha dimostrato che il coraggio, a volte, vale più della classe pura. E che nel ciclismo, sport di fatica e sacrificio, esistono ancora gesti di nobiltà che vanno oltre la competizione. Domani la Grande Boucle ripartirà con nuove sfide in salita, ma l'eco di questa battaglia risuonerà a lungo nelle strade di Francia. Perché il Tour de France è questo: un teatro dove ogni giorno si scrive una pagina di leggenda.

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