Sant'Elia e San Bartolomeo dicono NO al Centro Caritas: "Il Quartiere non sarà la discarica sociale di Cagliari"

Il quartiere di Sant'Elia, e ora anche il vicino San Bartolomeo, alzano la voce contro la decisione di installare un nuovo centro Caritas utilizzando il locale del mercato di Sant'Elia. Non è un semplice lamento, ma la ferma denuncia di una comunità stanca di vedere il proprio territorio trasformarsi, ancora una volta, in una discarica sociale per le problematiche dell'intera città. La proposta suona come l'ennesima beffa, un'operazione che rischia di gettare Sant'Elia e le aree circostanti in un degrado ancora più profondo. Francesco Adamu, abitante di San Bartolomeo, proprio in prossimità del mercato, esprime il sentimento di molti: "Ho lavorato una vita per comprare la casa tra San Bartolomeo e Sant'Elia. Non sono d'accordo che ci sia un centro Caritas qui, e neanche gli abitanti lo vogliono". La sua voce si unisce al coro di chi non accetta che il proprio territorio diventi il punto di raccolta per tutte le marginalità urbane. Non è un rifiuto dell'assistenza o della solidarietà, ma la ferma opposizione a una politica miope che, invece di risolvere i problemi alla radice, li concentra in un unico luogo, compromettendo la vita di chi ci abita. Adamu sottolinea anche una preoccupazione concreta: "Il mio appartamento andrà a perdere valore se un giorno lo vorrò vendere, non mi danno nulla e questo appartamento io l'ho pagato parecchie migliaia di euro". Questo timore riflette l'angoscia per l'inevitabile svalutazione immobiliare che un centro del genere potrebbe comportare per l'intero quartiere. La situazione attuale a Sant'Elia è già critica, come testimonia Adamu e gli altri residenti. Molti lamentano che un centro Caritas esiste già nel vecchio borgo di Sant'Elia e sta creando non pochi disagi. "Arroganti, violenti, ubriachi stanno già creando dissapori e malumori all'interno del quartiere", dicono gli abitanti, descrivendo una realtà quotidiana di tensione. Ogni giorno, intorno alle 18, si assiste a un flusso massiccio di senza tetto che sale verso il vecchio borgo, causando disagi evidenti a chi viaggia in autobus. A fronte di questa realtà, la proposta di installare un "mega centro Caritas" nel quartiere appare come una decisione sconcertante, che ignora le fragilità esistenti e rischia di amplificarle in modo esponenziale. La preoccupazione che questo nuovo centro possa diventare un catalizzatore per ulteriori problemi è fondata. La possibile invasione di tossicodipendenti, sbandati e persone di ogni nazionalità potrebbe non solo aumentare il disagio e l'insicurezza per i residenti, ma anche favorire attività illecite già presenti nelle vicinanze. Il timore è che Sant'Elia venga ulteriormente marginalizzato, trasformandosi in un vero e proprio ghetto sociale, anziché essere valorizzato come risorsa. I residenti di Sant'Elia e San Bartolomeo sono stanchi di assistere a decisioni calate dall'alto che non tengono conto delle reali esigenze del quartiere. Molti, infatti, sono convinti che la vecchia struttura del mercato possa un giorno tornare a essere qualcosa di veramente utile per la comunità. Invece di adibirla a un nuovo centro che accrescerebbe il disagio, si suggeriscono soluzioni più costruttive. Chi muove le politiche all'interno del quartiere dovrebbe occuparsi realmente delle problematiche strutturali, come le discariche abusive e la mancanza di case e di alloggi. L'idea di utilizzare la vecchia struttura del mercato per costruire nuovi appartamenti, anche per i residenti del quartiere, è un esempio concreto di come si possano trasformare aree dismesse in risorse preziose, rispondendo a un bisogno primario come quello abitativo e contribuendo a una vera riqualificazione. Inoltre, Sant'Elia ha bisogno di una maggiore cura del verde pubblico. È inaccettabile che non si vedano più operai dedicati alla manutenzione delle aree verdi, che dovrebbero essere presidio di bellezza e vivibilità, non luoghi abbandonati al degrado. Sant'Elia e San Bartolomeo non sono discariche sociali. I residenti rivendicano il diritto a vivere in un ambiente sano, sicuro e dignitoso. È ora che le istituzioni ascoltino il grido di allarme di una comunità stanca, che chiede rispetto e una pianificazione urbana che punti alla reale rigenerazione e all'integrazione, non alla ghettizzazione. Basta scelte calate dall'alto: i quartieri meritano di più.

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