Ponte di Legno — Il ritiro è come un noviziato monastico, e a Ponte di Legno i rossoblù vivono la fatica come rito purificatore. Il Cagliari, ancora una volta, è chiamato a ritrovare polmoni, gamba e cervello. Tutto sotto lo sguardo inflessibile di Fabio Pisacane, che ha trasformato il prato in un laboratorio alchemico, dove si forgiano uomini prima ancora che calciatori.
Alle nove e quarantacinque, mentre la montagna respira ancora l’aria umida della notte, parte la seconda giornata di ritiro. Alcuni si dedicano all’attivazione muscolare in palestra, quasi a evocare il sacro rito della preparazione interiore. Altri, undici per la precisione — Zappa, Felici, Obert, Wieteska, Deiola, Luperto, Marin, Borrelli, Cavuoti e Sulev — si riversano sul campo per iniziare la parte atletica.
Alle dieci, sotto lo scettro verbale di Pisacane («Se arriva forte puliscila, ma non perdere il ritmo!»), si lavora di prima, con scarichi e contromovimenti degni di un balletto russo. Ogni passaggio è cesello, ogni triangolazione un colpo di scalpello sul marmo della tattica.
Alle dieci e venti, si scava nel dettaglio: scarichi, triangolazioni e posizionamento, alla ricerca dell'uomo smarcato come un rabdomante cerca l’acqua. L’ossessione del ritmo diventa mantra.
Alle dieci e trentacinque, possesso palla e passaggi sotto pressione: una sinfonia nervosa dove il pallone vibra tra i piedi come un insetto intrappolato in una ragnatela.
Alle dieci e cinquanta, pausa d’acqua, poi si scambiano i gruppi. Il campo chiama altri protagonisti: Idrissi, Prati, Liteta, Vinciguerra, Di Pardo, Trepy, Zortea, Piccoli, Adopo, Veroli, Pintus e i quattro portieri Caprile, Scuffet, Radunovic e Ciocci.
Alle undici e quattro, dopo la parte atletica, cominciano gli esercizi con appoggi di prima e smarcamenti. Pavoletti e Gaetano restano a parte, vittime di un lavoro personalizzato che li tiene ai margini della messa rossoblù.
Alle undici e quattordici, via al possesso palla puro e alle triangolazioni, prima della pausa per idratarsi e del ritorno al pressing.
Alle undici e ventisei, anche i portieri fanno la loro parte: tuffi, parate basse, voli plastici che somigliano a coreografie da circo.
Alle undici e trentatré, momento di svago: si gioca a colpire la traversa dal cerchio di centrocampo, come fossero ragazzini in un cortile polveroso. Poco dopo, Pavoletti regala sorrisi e autografi, circondato dall'affetto di chi è venuto fin lassù solo per un saluto o una firma.
Alle undici e quaranta, Pisacane fischia la fine. Ma l’anima resta sospesa, in attesa della sessione pomeridiana alle 17.30, dove sudore e pallone riprenderanno il loro duello ancestrale.
A Ponte di Legno, il Cagliari scolpisce la sua forma futura. Pisacane veglia, scolaro e mastro insieme. La squadra, intanto, impara a soffrire. E chi non soffre in ritiro, non può gioire la domenica.