Nel tempio della civiltà artistica, il Louvre, si è consumato un atto di barbarie che avrebbe fatto arrossire gli stessi Vandali. Due donne, armate di zuppa e di una presunta coscienza ecologica, hanno oltrepassato la sacralità di una barriera, quella che protegge il sorriso più enigmatico e famoso della storia dell'arte: la Gioconda di Leonardo.
Non è una protesta, è un insulto alla cultura. Non è attivismo, è ignoranza. Lanciare zuppa contro il vetro che custodisce un capolavoro non è un grido di allarme per il pianeta, è un oltraggio all'intelligenza. "Risposta alimentare", recitavano le loro magliette.
E quale risposta è questa? Un atto grottesco che non nutre la causa, ma la svilisce, la riduce a un teatrino miserabile di cattivo gusto.
Leonardo, da qualche parte, si starà rivoltando nella tomba. La sua Gioconda, simbolo di un'epoca in cui l'arte era al servizio della bellezza e del genio umano, ridotta a bersaglio di un brodo di follia. Che cosa hanno ottenuto? Un momento di triste celebrità, una fotografia sui social, un applauso dai più ignoranti.
Questo non è attivismo, è un atto di vandalismo. Non è un messaggio, è un insulto. Non è arte, è vilipendio. In un mondo che si dibatte tra crisi ambientali e disuguaglianze, questi gesti non sono la soluzione, sono parte del problema. Sono l'espressione di una cultura che ha perso il senso della misura, del rispetto, della sacralità dell'arte e della storia.
E mentre la Gioconda sorride ancora dietro il suo vetro, macchiato di zuppa ma intatto nell'essenza, resta la domanda: a che serve tutto questo? A nulla, se non a dimostrare che la barbarie può vestirsi anche con una maglietta "ecologica", e che l'ignoranza, oggi come ieri, è il vero nemico da combattere.
Barbarie in salsa di zuppa, ecco cos'è stato. Un attacco non solo a un quadro, ma a tutto ciò che quel quadro rappresenta: la bellezza, l'intelligenza, la civiltà.