La vicenda che coinvolge la presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, ha ormai superato i confini regionali, trasformandosi in un caso politico e giudiziario che mette in discussione la trasparenza delle istituzioni e la tutela dell'indipendenza della magistratura. Non si tratta di un fatto nuovo, ma di una storia che da mesi occupa le cronache e che ora entra in una fase cruciale.
Tutto ha inizio il 20 dicembre 2024, quando il Collegio Regionale di Garanzia Elettorale presso la Corte d'Appello di Cagliari, presieduto dalla dottoressa Gemma Cucca, delibera una sanzione pecuniaria nei confronti di Alessandra Todde per gravi violazioni della legge elettorale (legge n. 515/1993). Le contestazioni sono specifiche: mancata nomina del mandatario elettorale, assenza di un conto corrente dedicato e utilizzo di un rendiconto non riconducibile alla candidata o al suo partito, ma al Comitato elettorale del Movimento 5 Stelle. Un'anomalia che, secondo il Collegio, ha reso impossibile ricostruire le entrate e le spese della campagna elettorale della Todde.
Di fronte a questa sanzione, la presidente Todde ha deciso di opporsi, ricorrendo al Tribunale civile di Cagliari, mentre la Regione Sardegna ha sollevato un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale. Il caso diventa ancora più complesso quando, il 3 aprile 2025, il Collegio affida la propria difesa al professor Avv. Riccardo Fercia, un giurista esperto e membro del medesimo organo di garanzia. Ma solo un mese dopo, il 13 aprile, la presidente Cucca lascia l'incarico per pensionamento e viene sostituita dal dottor Massimo Costantino Poddighe, che, insieme ad altri membri del Collegio, il 2 maggio 2025 decide di revocare il mandato difensivo al professor Fercia, senza però nominarne un altro. Il Collegio, quindi, resta senza difesa proprio mentre la questione è ancora in giudizio.
Questo gesto, apparentemente inspiegabile, ha sollevato immediate polemiche. Il professor Fercia, che fino a quel momento aveva difeso la legittimità del provvedimento sanzionatorio, si è trovato estromesso, mentre il Collegio ha abbandonato la propria difesa legale. Non è solo una scelta discutibile, ma un atto che rischia di compromettere l'intero procedimento giudiziario, lasciando il Collegio senza voce nei processi in cui è parte.
A rendere ancora più torbida la vicenda è il profilo del nuovo presidente facente funzioni, Massimo Costantino Poddighe. Secondo quanto riportato, Poddighe è il marito convivente di Marcella Marchioni, dirigente regionale nominata dalla Giunta Todde, ora anche Segretario Generale della Regione. Un legame personale che, di fronte alla delicata questione giudiziaria, appare come un evidente conflitto di interessi. Come può un presidente del Collegio di Garanzia Elettorale, direttamente legato a una figura nominata dalla presidente sanzionata, garantire imparzialità e trasparenza nel giudizio?
Il consigliere Enrico Aimi, membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), ha chiesto formalmente l'apertura di una pratica per verificare la posizione di Poddighe. Un atto dovuto, secondo Aimi, per garantire l'indipendenza della giurisdizione e accertare se vi siano state interferenze o pressioni indebite. La questione si sposta così dal piano regionale a quello nazionale, con l'intervento del CSM, chiamato a fare chiarezza su un episodio che rischia di minare la fiducia nelle istituzioni.
L'interrogazione presentata al Ministro della Giustizia dai deputati sardi di centrodestra ha ulteriormente acceso i riflettori sulla vicenda. I parlamentari chiedono di sapere quali misure il Ministro intenda adottare per accertare eventuali responsabilità disciplinari a carico del presidente ff. Poddighe, alla luce del suo evidente conflitto di interessi. Non è solo una questione tecnica, ma una vicenda che tocca i principi fondamentali dello Stato di diritto: la separazione dei poteri, l'indipendenza della magistratura e la trasparenza dell'azione amministrativa.
Nel frattempo, il professor Fercia, privato del suo incarico senza spiegazioni, ha già denunciato la situazione, sollevando il sospetto che la sua revoca possa essere stata voluta per silenziare la difesa del Collegio e, di fatto, favorire la presidente Todde. Il sospetto è che si sia tentato di impedire al Collegio di sostenere la legittimità della sanzione nei giudizi pendenti, lasciando di fatto campo libero alla difesa della Todde.
La questione è ora nelle mani del CSM e del Ministro della Giustizia, ma resta il sospetto di una gestione opaca e politicizzata di un procedimento che dovrebbe invece rappresentare un esempio di trasparenza e correttezza istituzionale. Una sanzione elettorale trasformata in un caso nazionale, che solleva interrogativi inquietanti sulla gestione della giustizia e sulla tenuta delle istituzioni in Sardegna.
La vicenda non si chiude qui. Nei prossimi giorni, il giudizio davanti al Tribunale civile e la decisione della Corte costituzionale potrebbero aggiungere nuovi sviluppi. Ma una cosa è certa: il caso Todde non è solo una questione di regole elettorali. È diventato un banco di prova per la credibilità delle istituzioni sarde e per la fiducia dei cittadini nella giustizia.