Sul tavolo del Consiglio regionale si discute un progetto di legge sul fine vita. Un tema tra i più delicati dell’agenda pubblica, che intreccia la bioetica al diritto, la salute alla dignità. Ma tra i soggetti ascoltati in audizione, una voce è mancata all’appello: quella delle persone con disabilità. A denunciarlo, con toni fermi ma misurati, è la FISH Sardegna, la Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e delle loro Famiglie.
«Non parlo a titolo personale, ma a nome delle tante associazioni che compongono FISH Sardegna e che rappresentano decine di migliaia di persone con disabilità», afferma il presidente Pierangelo Cappai. «Siamo stupiti e amareggiati che su un tema di tale rilevanza etica e sociale, che tocca profondamente la vita e la dignità delle persone con disabilità, non siamo stati invitati a portare il nostro contributo e la nostra prospettiva. Eppure, sulle più svariate materie, FISH Sardegna viene chiamata per esprimere un parere. Su un tema che riguarda la pelle di migliaia di noi, no.»
La critica non è solo formale. Perché una legge sul fine vita – ricorda la Federazione – investe direttamente i percorsi di cura, l’accesso alle terapie palliative, il diritto all’autodeterminazione e, non ultimo, il rischio di derive discriminatorie. Escludere da questo confronto chi la disabilità la vive ogni giorno, secondo FISH, significa privare il dibattito legislativo di un punto di vista essenziale.
«Riteniamo inaccettabile questa grave lacuna nel processo di consultazione», continua Cappai. «Le persone con disabilità non sono solo destinatarie di norme, ma soggetti attivi e portatori di esperienze e bisogni specifici che devono essere ascoltati e considerati. Chiediamo con forza che il Consiglio Regionale colmi immediatamente questa lacuna, garantendo alle nostre associazioni la possibilità di essere audite prima che il progetto di legge prosegua il suo iter.»
La richiesta è chiara: riaprire il confronto, inserendo nel percorso legislativo quelle voci rimaste finora fuori. Un appello che, se ignorato, rischia di lasciare un’ombra lunga su un dibattito che, per sua stessa natura, dovrebbe essere il più inclusivo possibile.