Se un tempo bastava una sedia di legno e un numero scritto a mano per far funzionare l’anagrafe di un Comune, oggi ci vogliono i condizionatori, le sedute climatizzate e persino i distributori automatici. Alghero non fa eccezione, ma stavolta l’iniziativa è stata più figlia dell’urgenza che del progresso. Dopo la diffusione di alcune immagini – circolate tra cittadini e social – che mostravano un container adibito a sala d’attesa nei pressi dell’ufficio anagrafe di via Catalogna, l’amministrazione ha ritenuto opportuno chiarire la situazione.
La risposta è arrivata per voce dell’assessora con delega all’Anagrafe e allo Stato Civile, Raffaella Sanna. Con tono misurato e consapevole, ha ammesso l’emergenza: «Cerchiamo di ovviare alle oggettive difficoltà che gli uffici presentano – spiega – e certamente la soluzione che abbiamo approntato non ne rappresenta la soluzione definitiva». La piccola struttura esterna, climatizzata, fungerà da punto di appoggio per i cittadini in attesa, “specie in questo periodo di alte temperature e per la stagione estiva”. In altre parole: non è il massimo, ma è meglio di niente.
Sanna non si sottrae alla questione di fondo: il problema degli spazi e della funzionalità degli uffici. «Stiamo lavorando per mettere a bilancio con una nuova variazione le risorse per la sistemazione dell’ufficio di prossimità che verrà allocato in altra sede. Una volta operativo, si libereranno ulteriori spazi per l’anagrafe per migliorarne il comfort». Insomma, si promette una ristrutturazione e un parziale trasloco, con l’idea di dare più respiro a uno dei servizi più frequentati dalla cittadinanza.
Nel frattempo, si pensa anche al decoro e alla privacy, con uno stanziamento previsto di ulteriori 30 mila euro per l’acquisto di arredi più funzionali. Un dettaglio che, in tempi di spending review e uffici aperti a singhiozzo, non è secondario.
In attesa che i lavori veri inizino, i cittadini dovranno accontentarsi di un container climatizzato. E se Montanelli fosse passato da qui, forse avrebbe scritto: “In fondo, non è colpa del container. È la burocrazia che scotta più del sole di giugno”.