Poche decine di manifestanti, ma idee chiare e slogan urlati con forza. Sabato 21 giugno, a partire dalle 18, Viale Buoncamino si è trasformato in luogo di protesta. Di fronte alla Prefettura, il Cagliari Social Forum e la federazione del sociale dell’USB hanno organizzato un presidio per dire no alla politica del riarmo, alla guerra e alle scelte del governo Meloni in materia di spesa pubblica.
Cartelli, megafoni, bandiere rosse e striscioni contro la NATO, contro Israele, contro “le guerre imperialiste” e in favore di un’Italia fuori dalle alleanze militari. Un presidio piccolo, ma rumoroso, in linea con le mobilitazioni che lo stesso giorno si sono tenute in diverse città italiane, con una grande manifestazione a Roma.
Nel volantino distribuito ai passanti, toni duri contro l’“entità sionista” accusata di massacri a Gaza, Cisgiordania, Siria, Libano e, ora, anche Iran. «Non passa giorno – si legge – senza che assistiamo impotenti alle stragi che lo Stato ebraico di Israele conduce contro cittadini inermi e ridotti alla fame». Gli organizzatori hanno puntato il dito contro l’Occidente, Stati Uniti e Unione Europea in primis, accusati di complicità e sostegno politico ed economico.
Ma il cuore della protesta ha riguardato il tema del riarmo: «Trenta miliardi di euro per la difesa nei prossimi cinque anni», si legge nel comunicato. «E intanto tagli, precarietà e privatizzazioni per scuola, sanità, trasporti, welfare». Il presidio ha denunciato uno “squilibrio indecente” fra la spesa militare e quella per i bisogni sociali del Paese. Tra gli slogan scanditi: “Abbassate le armi, aumentate salari e pensioni”.
Non sono mancate le critiche alla repressione, con riferimenti espliciti a inchieste giudiziarie contro militanti di sinistra. Solidarietà è stata espressa in particolare per un attivista messo ai domiciliari «per un petardo» e per i soggetti coinvolti nelle operazioni “Lince” e “Arcadia”.
«Una transizione giusta è incompatibile con un’economia di guerra», è stato il messaggio conclusivo del presidio, che si è sciolto in serata senza incidenti, ma con la promessa – ribadita al megafono – di «continuare a mobilitarsi» contro militarismo, repressione e politiche neoliberiste.
Viale Buoncamino, ieri, non ha tremato. Ma ha parlato.