È ANCORA LEI LA REGINA IN ROSA: ELISA LONGO BORGHINI DOMA IL GIRO D’ITALIA WOMEN 2025

Sul Monte Nerone, dove le gambe si fanno pietra e il cuore deve battere più forte della paura, Elisa Longo Borghini ha riscritto la sua leggenda. E ora il ciclismo italiano ha una nuova regina. Anzi, la stessa di un anno fa. Perché Elisa ha compiuto l’impresa che riesce solo alle grandi: vincere di nuovo. Consecutivamente. Con intelligenza, classe e quel coraggio che brucia anche quando tutto sembra già scritto. Il Giro d’Italia Women 2025 si è chiuso così, in una domenica che ha il sapore delle imprese. Con la Maglia Rosa ancora sulle spalle dell’azzurra di Ornavasso, che ha completato il back-to-back dopo il trionfo del 2024, spezzando definitivamente l’egemonia olandese che durava come una sentenza inappellabile dal 2017. Non ha vinto tappe, non ha dominato ogni giorno, ma ha scelto il momento perfetto per colpire. E come nelle favole più belle, le è bastato un solo giorno in rosa: l’ultimo. Una corsa di emozioni e colpi di scena Era partita sotto il segno di Marlen Reusser, che a cronometro aveva stampato un tempo da manuale, prendendosi la prima Rosa davanti a Kopecky e proprio a Longo Borghini. Ma già nella seconda tappa il copione si è strappato: fuga buona, gruppo distratto, e Anna Henderson ha colto l’attimo, firmando la sorpresa e portandosi in testa. Poi è arrivata Lorena Wiebes, la sprinter che trasforma le volate in sentenze, e il gruppo ha vissuto giornate più tranquille, aspettando le montagne. Ma il Giro è sempre pronto a scompigliare i piani: a Pianezze ha brillato la giovane Sarah Gigante, mentre Reusser tornava al comando, come una regina mai doma. Il clima era quello delle sfide che salgono di tono giorno dopo giorno. Fino all’attesa, silenziosa e temuta, del Monte Nerone. E lì, su quelle pendenze dove la fatica cancella ogni alibi, Elisa ha fatto ciò che solo i grandi campioni sanno fare: ha attaccato. Secca, decisa, senza voltarsi. Un’azione che ha il sapore della sentenza, perché nessuna ha saputo rispondere. Neanche Reusser. Neanche Van der Breggen. Lì è nata la Maglia Rosa di Elisa. Ed è lì che il Giro è stato vinto. Il capolavoro dell’intelligenza tattica Quel che colpisce, al di là del successo, è la pulizia strategica della sua corsa. Una gestione da metronomo, fatta di silenzi, scelte chirurgiche e un unico affondo, quello che fa la differenza. Non ha mai avuto la Rosa se non nella tappa finale. Non ha cercato la gloria effimera di un successo parziale, ma ha costruito una vittoria alla Bartali, con pazienza e carattere. Un'impresa che profuma di storia. La tappa finale, all’Autodromo di Imola, è stata teatro per le ruote veloci: Liane Lippert ha beffato in volata Anna van der Breggen. Ma il cuore, gli occhi e l’applauso del pubblico erano tutti per lei, per Elisa, che passava il traguardo col volto ancora contratto e l’emozione che si scioglieva lentamente in un sorriso da leggenda. Il peso della storia: numeri e gloria Due Giri consecutivi non si vincono per caso. L’ultima italiana a riuscirci era stata Fabiana Luperini, tra il 1995 e il 1998, quando firmò un poker irripetibile. Elisa si è portata in quella compagnia ristretta dove abitano solo le immortali. E nel farlo ha trascinato l’Italia a quota 10 successi finali nella corsa rosa, ad un’incollatura dai Paesi Bassi (11), che per anni hanno dominato con la naturalezza dei predestinati. Ma ora c’è lei. Con il tricolore sulle spalle e la Rosa sul cuore. A 33 anni, Elisa Longo Borghini sembra vivere una seconda giovinezza sportiva. Non ha nulla da dimostrare, eppure continua a scrivere pagine di ciclismo con l’inchiostro dell’orgoglio e della determinazione. Se nel 2024 aveva sorpreso, stavolta ha confermato. E spesso, confermare è ancora più difficile. E ora? Ora si aprono le porte dell’Olimpiade, della leggenda, delle pagine che si ricordano a voce alta. Perché quello che ha fatto Elisa Longo Borghini in questo Giro non è solo un successo: è un capolavoro tricolore. È la risposta a chi diceva che l’Italia era in affanno. È la rivincita dell’intelligenza sulla forza bruta. E soprattutto, è la prova che quando il talento incontra il coraggio, la storia si ripete.

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