Il Vaso di Dueno, rinvenuto a Roma nel 1880, rappresenta una delle testimonianze più antiche e misteriose della scrittura latina arcaica. Datato tra il VII e il VI secolo a.C., questo reperto – un kernos trilobato in ceramica – custodisce un'iscrizione che ha impegnato generazioni di filologi, archeologi e linguisti. La sua importanza risiede non solo nell'antichità del testo, ma anche nelle questioni che solleva riguardo alle origini della lingua latina, alle influenze culturali etrusche e sarde, e alle pratiche rituali dell'epoca.
Il vaso, composto da tre recipienti uniti da sostegni in argilla, fu scoperto da Heinrich Dressel sul Quirinale, in un contesto votivo associato a offerte sacrali. La sua datazione al VII-VI secolo a.C. lo colloca in un periodo di transizione culturale, quando Roma, ancora influenzata dalle civiltà etrusca e greca, iniziava a sviluppare una propria identità linguistica. La struttura a kernos, tipica della tradizione greca, suggerisce un uso rituale, forse legato a libagioni o offerte multiple.
Realizzato in bucchero – una ceramica nera caratteristica dell’Etruria – il vaso riflette tecniche artigianali avanzate. La forma trilobata, con tre piccoli contenitori uniti, rimanda a pratiche cultuali complesse, forse connesse a divinità ctonie o a rituali di fertilità. L’ipotesi che contenesse unguenti o sostanze aromatiche, come filtri d’amore, è supportata da analogie con reperti coevi.
L’iscrizione, incisa in senso sinistrorso (da destra a sinistra), si sviluppa in tre righe senza separazione tra le parole, utilizzando un alfabeto latino arcaico con influenze etrusche e greche. Le peculiarità grafiche includono:
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la M con un quinto tratto verticale
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la F con tre tratti orizzontali
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la Q con asta verticale anziché obliqua
Queste varianti, unitamente all’assenza di rotacismo (ad esempio iovesat invece di iuvet), confermano la datazione precoce del testo. Il testo, suddiviso in tre sezioni, è stato oggetto di numerose interpretazioni:
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IOVESAT DEIVOS QOIMED MITAT NEI TED ENDO COSMIS VIRCO SIED
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ASTED NOISI OPETOITESIAI PACARI VOIS
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DVENOS MED FECED EN MANOMEINOM DVENOINEMED MALO STATOD
Emilio Peruzzi (1958) propose una lettura in chiave amorosa: «Chi mi rovescia giura agli dei che nessuna fanciulla ti conceda i suoi favori, se non vuoi essere soddisfatto da Tuteria», interpretando il vaso come un dono votivo legato a una maledizione.
Georges Dumézil (anni '60) vi vide invece una formula giuridico-religiosa, con riferimenti a patti sociali. Recentemente, Bartolomeo Porcheddu ha avanzato l’ipotesi rivoluzionaria che il testo sia in sardo arcaico, ridefinendo il vaso come testimonianza di scambi culturali tra Sardegna e Lazio.
L’attribuzione del testo al latino arcaico è messa in discussione da Porcheddu, che individua nel sardo logudorese le radici di termini come duenos (buono) e mitat (inviare). Questa tesi, se confermata, implicherebbe una rilettura delle influenze linguistiche nel Mediterraneo occidentale, suggerendo un ruolo attivo delle popolazioni sarde nella diffusione della scrittura.
La menzione di Iovesat (giuramento a Giove) e il riferimento a vircos (giovani) hanno indotto alcuni studiosi a collegare il vaso a cerimonie di iniziazione o patti comunitari. La tripartizione del kernos potrebbe simboleggiare una triade divina, forse legata a Giove, Marte e Quirino, divinità centrali nel pantheon romano arcaico.
Il Vaso di Dueno non è solo un reperto epigrafico, ma un simbolo della complessità culturale dell’Italia preromana. La sua iscrizione riflette:
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Sincretismo religioso: fusione di elementi etruschi, greci e indigeni
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Sperimentazione linguistica: transizione da un sistema grafico etrusco a uno latino
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Pratiche sociali: uso della scrittura per scopi giuridici, magici o votivi
Attualmente conservato ai Musei Statali di Berlino, il vaso rimane un enigma aperto, invitando nuove generazioni di studiosi a decifrarne i segreti. La sua importanza è paragonabile a quella del Lapis Niger o della Fibula Prenestina, pietre miliari nella storia della lingua latina. Il Vaso di Dueno incarna la sfida dell’archeologia nel ricostruire mondi perduti attraverso frammenti. Le future ricerche potrebbero beneficiare di:
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analisi chimiche dei residui interni per chiarirne l’uso
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studi comparativi con testi sardi ed etruschi
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tecnologie digitali per ricostruire la grafia originale
Ogni nuova interpretazione non solo illumina il passato, ma ridefinisce la nostra comprensione delle radici culturali europee.