San Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) emerge come una delle figure più significative del cattolicesimo sociale dell'Ottocento, fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza a Torino. La sua opera, radicata in una fede incrollabile nella Provvidenza divina, rivoluzionò l'assistenza ai marginalizzati, combinando innovazione organizzativa e dedizione mistica. Questo rapporto esplora la sua vita, il contesto storico-politico del Piemonte post-napoleonico, i principi teologici della sua azione caritatevole, l'evoluzione istituzionale della Piccola Casa e l'eredità contemporanea in ambito socio-sanitario. L'analisi si basa su documenti agiografici, studi storici e fonti primarie legate alla sua canonizzazione (1934), evidenziando come il modello cottolenghino anticipi concetti moderni di welfare inclusivo.
Nato a Bra (Cuneo) il 3 maggio 1786, primogenito di una famiglia borghese con dodici figli, Giuseppe Benedetto Cottolengo visse un'infanzia segnata dalla morte precoce di sei fratelli, esperienza che forgio` la sua sensibilita` verso la sofferenza. Ordinato sacerdote nel 1811, completo` gli studi teologici all'Universita` di Torino (1816), distinguendosi per l'approccio pastoralmente innovativo. Gli anni giovanili coincisero con le turbolenze napoleoniche, che ridisegnarono l'assetto ecclesiastico piemontese, spingendolo a ricercare una sintesi tra obbedienza istituzionale e risposta concreta alle emergenze sociali.
L'episodio decisivo avvenne il 2 settembre 1827, quando assistette una donna incinta affetta da tubercolosi, rifiutata da tutti gli ospedali torinesi. La morte della donna e della neonata lo convinse della necessita` di creare una struttura aperta a tutti gli esclusi, senza distinzioni di patologia o condizione sociale. Questo evento, interpretato come una chiamata divina, segno` l'inizio della Piccola Casa della Divina Provvidenza, inaugurata nel 1828 in via Palazzo di Città.
La Piccola Casa si distinse per l'approccio olistico: non semplice ospizio, ma comunita` integrata dove malati cronici, disabili, orfani e senzatetto trovavano assistenza medica, educazione e sostegno spirituale. Cottolengo introdusse innovazioni rivoluzionarie:
Accesso incondizionato: Nessuno veniva rifiutato, nemmeno i casi considerati "inguaribili" o socialmente pericolosi.Autogestione provvidenziale: Rifiutando pianificazioni economiche, si affidava alle donazioni spontanee, convinto che "la Provvidenza sa tenere i registri meglio di noi". Integrazione lavoro-terapia: Gli ospiti partecipavano ad attivita` produttive (sartoria, falegnameria), anticipando moderne pratiche di riabilitazione.Tra il 1832 e il 1842, la Piccola Casa crebbe da una singola struttura a un complesso di 14 edifici, includendo:Infermerie specializzate: Separate per patologie (epilessia, sordomutismo), con personale formato. Istituti educativi: Scuole per sordomuti, orfanotrofi maschili e femminili, asili per bambini poveri. Comunita` religiose: Nel 1833 fondo` i Fratelli Cottolenghini e le Suore Vincenzine, ordini dediti alla gestione operativa.
L'opera di Cottolengo si sviluppo` parallelamente alla prima industrializzazione piemontese, caratterizzata da migrazioni rurali, sfruttamento operaio e assenza di reti di sicurezza sociale. Torino, capitale del Regno di Sardegna, vedeva crescere il numero di "scarti" sociali: invalidi di guerra, vedove, orfani e malati cronici esclusi dal nascente sistema ospedaliero. In questo scenario, la Piccola Casa rappresento` una risposta alternativa sia alla carita` tradizionale sia al laissez-faire liberale, guadagnando il sostegno di figure come Camillo Benso di Cavour.
Nonostante le tensioni con alcuni settori della curia torinese, preoccupati dalla sua indipendenza gestionale, Cottolengo ottenne il riconoscimento ufficiale nel 1833 da re Carlo Alberto, che dichiaro` l'ente "morale", garantendogli protezione legale. Questo legame con la monarchia sabauda facilito` l'espansione transnazionale, con fondazioni in Svizzera e Florida gia` nel XIX secolo.
La devozione a san Giuseppe, proclamato patrono della Piccola Casa, rifletteva la ricerca di un modello paterno e laborioso, mentre il titolo "Divina Provvidenza" rimandava alla fiducia mariana nel disegno divino. Questa duplice intercessione sostenne l'opera durante crisi finanziarie ed epidemie, come il colera del 1831.
Cottolengo mori` di tifo a Chieri il 30 aprile 1842, lasciando un'opera che assisteva 1.300 persone. La guida passo` a Lorenzo Granetti, che ne preservo` il carisma, espandendo le missioni in India (1880) e Kenya (1950). Oggi la Piccola Casa conta 35 sedi in Italia e 15 all'estero, con 1.700 assistiti e 1.200 volontari.
Beatificato nel 1917, Cottolengo fu canonizzato da Pio XI il 19 marzo 1934, durante lo stesso concistoro di Giovanni Bosco. La motivazione ne sottolineo` l'"eroicita` delle virtù" e il ruolo di precursore del welfare moderno, capace di coniugare efficienza organizzativa e contemplazione.
La sfida odierna consiste nel tradurre questi principi in contesti secolarizzati, mantenendo intatta la radicalita` dell'accoglienza. Come osservato da papa Francesco durante la visita del 2015, "il Cottolengo non e` un museo, ma un cantiere aperto dove si costruisce la civiltà dell'amore".