Filippo Destrieri: “Franco Battiato mi frenava con gli occhi. Mi manca la sua voce, come quella di Andrea Parodi”

Proseguiamo il nostro racconto con Filippo Destrieri, artista di rara sensibilità e storico collaboratore di Franco Battiato, che ci ha concesso questa lunga e sincera chiacchierata. “A volte Franco, quando mi adiravo, mi frenava con gli occhi. Io desidero che tutti cantino Battiato, ma che lo facciano bene. Hanno scoperto che i suoi brani sono geniali — meglio tardi che mai — ma se non si riesce a imitarlo con rispetto, è meglio lasciar perdere. Mi manca molto la sua voce, come mi manca quella di Andrea Parodi: voci così non ne nascono più.”

Parlando di Juri Camisasca, Destrieri sorride: “Un grande. È la pace interiore. Ha scritto Spirituality e Laudes, due dischi meravigliosi.” E di Giuni Russo dice: “Fantastica, un’artista vera.”

Quando gli chiedo se la collaborazione con Battiato nascesse da una sintonia spirituale, risponde: “Sono congiunzioni astrali, combinazioni elettromagnetiche. Alchimie sonore. Con Battiato e Giusto Pio abbiamo vissuto esperienze uniche.”

Racconta poi un aneddoto che pochi conoscono: “Per l’album Fisiognomica, Battiato mi mandò una cassetta con tutti i brani, tranne quello omonimo che componevamo poi insieme a Milano. In quella cassetta c’era anche E ti vengo a cercare. L’ho ascoltata e ho gridato al miracolo. Ho fatto tutti gli arrangiamenti e Franco non cambiò una virgola. Quella cassetta ce l’ho ancora. È la mia reliquia.”

Ricorda i concerti in Spagna, veri trionfi: “Abbiamo suonato davanti a cinquantamila persone. All’inizio caricavo gli strumenti da solo, poi, quando il successo esplose, ci venivano a prendere con le limousine. A Barcellona abbiamo suonato davanti alla Cattedrale, sotto un acquazzone. Giusto Pio dovette smettere perché l’acqua scollava il violino, ma noi continuammo finché gli strumenti resistettero. Il pubblico restò lì, bagnato fradicio, ma felice. Era l’inizio del boom di Franco.”

Gli racconto che in Spagna ascoltai Nomadas alla radio e provai gelosia: “(Ride) Ti capisco. Ma Battiato è del mondo intero. In Spagna lo adoravano. Cantava anche in spagnolo, perché lì se non lo fai, non ti ascoltano. Da noi, invece, basta un gruppo che canta in inglese e lo venerano, anche se nessuno capisce una parola.”

Sulla famiglia Battiato e le polemiche postume, è netto: “È giusto che tutto vada alla nipote Cristina, erede universale. Non c’è nulla da discutere. La famiglia è sempre stata riservata, e va rispettata. Franco era così, non amava l’esposizione.”

E aggiunge: “Quando ho visto quel presunto testamento, mi è venuto da ridere: non era neanche la sua calligrafia. Ma hanno fatto bene a chiarire. Franco era riservato e la famiglia lo è altrettanto.”

Parlando dell’artista uomo, ricorda: “Era di un’ironia unica. Sai, intelligenza e simpatia vanno sempre insieme. Non puoi essere davvero intelligente se non sei anche simpatico.”

Sul suo sogno personale, Destrieri si fa più intimo: “Il sogno mio è di sognare più spesso Franco. Quando lo sogno sto bene. Lo vedo quarantenne, cinquantenne, lo vedo giovane. Rivivo tutto: i viaggi, i concerti, Monaco, Montecarlo, Sanremo. Sono stato fortunato. Vorrei sognarlo tutti i giorni.”

Quando gli dico che in Sardegna sognare un defunto significa ricevere un messaggio, si illumina: “Allora è un segno. E ti confido un altro sogno: venire a suonare in Sardegna. Ho due progetti pronti, Equipaggio sperimentale e Il padrone della voce, dove ripropongo la voce di Franco, suonando sopra le sue registrazioni. È il modo più bello per sentirlo ancora vicino.”

Poi, scherzando, parliamo di extraterrestri. “(Ride) Se arrivassero ora, mi vergognerei per noi. Troppe guerre, troppa stupidità. Devono aspettare ancora un po’. Io ero convinto che sarebbero venuti, ma così non ha senso. C’è speranza, ma bisogna aspettare: il mondo non è pronto. Oggi, anche un perfetto cretino può diventare politico.”

Gli ricordo i versi di Battiato: “Vuoto di senso crolla l’Occidente…” “Era un veggente. Ha previsto tante cose, ma poi ci scherzava su. Era un illuminato, non solo un artista. E non voleva essere chiamato Maestro. Gli dava fastidio. Diceva: ‘Perché devi chiamare maestro uno?’. Nonostante fosse molto di più di un maestro.”

Infine, ride di nuovo quando gli dico che da studentessa ero gelosa di Battiato: “(Sorride) Sta ridendo anche lui, lo sai? Mi immagino la sua faccia. Era così: geniale, ironico, profondo. E adesso è lì, da qualche parte, a guardare tutto questo. E a sorridere, come sempre.”

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