Non tutti sanno che in Sardegna esiste un’antica credenza che permea il
povero e ignaro barbagianni di un’aura tenebrosa: reo di volare di notte – e
questo rende colpevoli, in alcune zone della Sardegna, anche il gufo o la
civetta – questo rapace, chiamato amorevolmente Sa Stria, è annunciatore
speciale di disgrazie e tragedie. Insomma, incontrarlo non è mai un bene: una
sventura potrebbe abbattersi sul malcapitato. A far paura, allertando tutti i
sensi e anche di più, è il suo canto.
Ma non solo: il volatile, tra le sue attività, avrebbe anche – udite udite – quella
di rubare l’anima ai neonati o di succhiare loro il sangue – fratello di merende
con la Coga, del resto.
A far sì che attorno a questo rapace, del resto affascinante come pochi,
nascessero tutte queste idee, è la notte: è questo il suo momento, quello in
cui caccia. In più, il suo canto, estremamente stridulo, fa accapponare la
pelle.
Sarebbe inoltre responsabile de “Sa striadura”, una particolare malattia che
causerebbe pallore e itterizia – sarà mica effetto placebo, per lo spavento di
averlo incontrato? – che è possibile curare con i “brebus” (particolari formule
magiche che scacciano i malauguri) e bruciando piume di barbagianni
unendole al caffè.
Curiosità extra: la leggende de Sa Stria deriverebbe da un’antica credenza
romana.
Lo “strix” era considerato un uccello notturno con poteri demoniaci.
Bene, ora buonanotte. Spegnete tranquilli la candela, Sa Stria è fuori.
Probabilmente a farsi i fatti suoi, ma tant’è!