Intervista a Pier Paolo Murgioni: Il pioniere del Beach Volley in Sardegna

  Abbiamo intervistato Pier Paolo Murgioni, una delle figure di spicco del beach volley europeo e unico sardo ad aver raggiunto tali alti livelli. Murgioni, classe 1971 e originario di Quartu Sant'Elena, è noto per la sua lunga carriera come supervisore tecnico, iniziata a livello regionale nel 1999 e culminata con incarichi internazionali a partire dal 2008. La sua esperienza lo ha portato a supervisionare numerosi eventi di prestigio come il World Tour e le finali europee. Oggi ci racconta il suo viaggio nel mondo del beach volley e le sue riflessioni sul futuro di questo sport in Sardegna?

  1. Puoi raccontarci un po' di te e del tuo percorso nel mondo del beach volley? Ho iniziato grazie alla Federazione Pallavolo, comitato regionale, che mi ha affidato la riorganizzazione del tour sardo. Da qualche anno infatti l’organizzazione di Sant’Antioco che se ne occupava aveva preso una pausa per stanchezza e mancanza di sponsor. Io per la federazione facevo l’arbitro di pallavolo e d’estate fungevo da collante tra il comitato regionale e gli organizzatori nazionali ed internazionali che venivano in Sardegna a portare i loro eventi. È partito tutto da lì, dal 1999, e torneo dopo torneo, anno dopo anno abbiamo imparato molte cose, fatto molti errori, migliorato le cose, fino a portare il beach sardo ad un buon livello organizzativo. Dopo qualche anno, per un fatto fortuito, sono stato “testato” in un torneo nazionale dove avevano bisogno di spendere una faccia nuova, facendo un torneo perfetto come da tradizione dell’esordiente fortunato. Dopo un anno e mezzo ero già internazionale e da lì poi è stato tutto un crescendo.

  2. Sei fonte di ispirazione per molti nel mondo del beach volley. Cosa significa per te essere un modello per gli altri? All’inizio eravamo pochissimi a fare beach volley e questa è stata una dura lezione che mi ha insegnato a crescere rapidamente e soprattutto che il beach volley, per la sua complessità organizzativa e specificità, ti perdona tutto tranne l’arroganza e la prepotenza. Soprattutto nel pensare di poter fare tutto da solo. Per questo, dopo il primo e il secondo anno, dove l’unico supporto era la federazione e qualche società storica come la Pallavolo Olbia, ho capito subito che il mio ruolo dovesse essere di coordinamento e supporto nel far crescere altri organizzatori che si affacciavano al beach volley come l’Ariete Oristano, la Gymland Oristano, la Magica Olimpia, ma soprattutto ricercare organizzatori capaci di uscire dagli schemi classici e trovare qualcuno che provasse veramente a sposare la filosofia del beach, e questo l’ho trovato già dalla prima edizione del SummerBeach dove dal primo istante siamo entrati in sintonia con l’organizzatore Stefano Ogno. 

  3. In che modo credi che il beach volley in Sardegna possa crescere ulteriormente in termini di popolarità e livello competitivo? Ci sono due cose importanti: la prima è iniziare ad avere un diverso approccio nel considerare pallavolo e beach volley non come due concorrenti, ma come due sport che partono dalle medesime basi tecniche, dove anzi le differenze possono essere d’aiuto alla crescita reciproca. Ormai è appurato che chi gioca a beach non mette a repentaglio la sua prestazione nel volley e viceversa, quindi perché non sfruttare le due cose a proprio vantaggio? Credo che sia necessario uno studio che preveda la pratica dei due sport contemporaneamente in tutte le società, durante tutto l’anno. Sono convinto che i risultati sarebbero impressionanti sia per crescita tecnica globale che di movimento. Il volley è lo sport più “figo” che c’è. 

  4. Quali sono le sfide principali che hai affrontato nel tuo percorso come supervisore tecnico nel beach volley europeo, unico sardo ad essere arrivato così in alto? Quasi paradossalmente le sfide più difficili sono arrivate dai tornei meno organizzati, dove il primo lavoro che devi fare è portare la cultura del beach volley, cosa che richiede tempo e che chiaramente non hai nei pochi giorni a disposizione. Il campionato del mondo o le due finali del world tour o la finale degli europei sono nulla in confronto al torneo regionale dove arrivi e non trovi niente, e devi mettere assieme in pochissimo tempo tutti i pezzi per poter fare il torneo ed arrivare al suo compimento. Ma questo è possibile solo con esperienza e tanta passione.

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