Ad Alghero la casa è diventata una caccia all'oro o forse ormai un semplice miraggio. Non lo diciamo oggi: lo scrivevamo già un anno fa, sempre, più o meno, in questo periodo, il post "stagione" estiva che ritorna inesorabile ciclicamente. Allora come oggi, la musica non è cambiata. Si parla, si promette, si rinvia. Intanto famiglie fanno i conti con le valigie sempre pronte.
Il Consiglio comunale, a fine settembre 2024, ha approvato un ordine del giorno sugli affitti lunghi. Bene. Ma un ordine del giorno è carta: vale se diventa bilancio, atti, regole chiare. La riduzione dell’IMU per chi affitta a lungo? Funziona solo se accompagnata da tutele reali per i proprietari e da conti in ordine per il Comune. Altrimenti restano buone intenzioni, che in dispensa non sfamano nessuno.
Qualcuno propose un fondo di garanzia contro la morosità. Idea sensata, se si dice dove prendere i soldi, come gestirli, chi accede, con quali criteri. Senza questi dettagli, è uno slogan, non una politica. Nel frattempo il mercato si chiude. Case che restano seconde case. Case che diventano affitti brevi. Case che d’inverno spengono la luce.
C’è poi l’equivoco di moda, l'attrazione di nuove "popolazioni": i “nomadi digitali”. Fu proposto in quel periodo quando il tema si fece incandescente. Questi per definizione vanno e vengono. Non mettono radici, non pagano la Tari per dodici mesi, non salvano una demografia in calo. Portano consumo, non comunità. E la città, che ha bisogno di residenti stabili, perde pezzi.
La fotografia è semplice. Chi ha un immobile teme rischi e burocrazia infinita. Chi cerca casa a lungo termine si scontra con “no bambini”, “solo trasfertisti”, “libero a maggio”. Nel mezzo, la politica promette “piani” e “visioni”. Ma i nodi sono due: prezzo e tutela. Ad Alghero si vende — nuovo o usato — spesso oltre i 3.000 euro al metro quadro. Con stipendi medi da mille e poco più, l’aritmetica è una sentenza.
Un promemoria giuridico, già ricordato: art. 820 c.c., comma sui “frutti civili”. Sono i proventi del godimento di un bene, proventi che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo. Legittimi. Ma i frutti hanno un limite, il nostro Paese è anche "sociale": non possono schiacciare il diritto all’abitare fino all’asfissia. Altrimenti la città diventa una vetrina: lucida d’estate, vuota d’inverno.
Altrove hanno mosso pedine pesanti. Barcellona ha deciso di non rinnovare le licenze degli affitti turistici entro il 2028. Amsterdam limita i giorni. Berlino ha imposto paletti severi. Non sono ricette da importare a scatola chiusa, ma esperienze da cui imparare. L’Isola ha una specificità: caro-casa sulle coste e spopolamento nei paesi interni. Se non c’è lavoro stabile, l’alloggio accessibile da solo non basta. Se c’è solo lavoro stagionale, i canoni tornano a correre. E il cane riprende a mordersi la coda.
Nel frattempo, la realtà bussa. Con discrezione, ma bussa, di ieri un ennesimo post su facebook veicolo di rappresentazione plastica di sofferenza: “si cerca con urgenza un appartamento per una famiglia con bambini, con sfratto a causa di vendita della casa. dai primi di novembre non sanno dove andare… non si trova una casa in affitto, quelle trovate non vogliono bambini…” Questo è il punto. Non una teoria. Un indirizzo che salta, una scuola da cambiare, una busta paga che non regge.
Servono tre mosse, concrete e misurabili magari impossibili ma proviamo a proporle. Primo: un fondo di garanzia comunale (o sovracomunale) con dotazione certa, regolamento pubblico, accesso trasparente per proprietari e inquilini. Secondo: incentivi veri — e vincolati — per riportare le case sfitte sul mercato residenziale annuale, con controlli e sanzioni per chi bara. Terzo: una regolazione equilibrata degli affitti brevi nelle zone più tese, per liberare spazio nei mesi invernali. Non magie: strumenti già visti, adattati al contesto.
Infine, la verità scomoda: Alghero è in spopolamento. Lo dicono i numeri attesi e discussi nei report, lo confermano le storie. Se la città perde residenti, perde servizi, scuole, autobus, medici. E una città senza abitanti non è una città: è una location. La casa è un diritto, non un premio. Tocca a chi governa trasformare le frasi in delibere, i comunicati in capitoli di spesa, gli studi in bandi. Il resto è rumore di fondo. E di rumore, tra trolley e chiavi riconsegnate, ce n’è già abbastanza. Continuiamo da qui: poca retorica, atti contabili, tempi certi. La comunità non chiede promesse. Chiede di restare.