82 anni dal discorso di Goebbels: la guerra totale non finisce mai

L’eco di un microfono, la folla in delirio, la retorica infuocata di un uomo che incarna il potere della parola come strumento di dominio. 18 febbraio 1943, Berlino, Palazzo dello Sport. Joseph Goebbels pronuncia il suo discorso sulla guerra totale. La Germania è già condannata, anche se nessuno in quella sala lo sa. L’illusione del Reich millenario si sgretola sotto i colpi dell’Armata Rossa e delle bombe alleate. Ma il regime non può ammetterlo. Non è il momento della verità, ma della propaganda.

Goebbels è stato il maestro della propaganda moderna, un uomo capace di trasformare la disperazione in consenso. Ma se la propaganda nazista era martellante, ossessiva, un colpo di tamburo che risuonava ovunque, oggi è molto più sottile, insinuante, liquida.

Non abbiamo più megafoni urlanti, ma algoritmi che selezionano le nostre emozioni, che ci mostrano ciò che vogliamo vedere e ci fanno credere che sia la verità. Non abbiamo più manifesti di guerra nelle strade, ma feed personalizzati che ci suggeriscono cosa pensare, cosa temere e chi odiare.

Nel 1943 il nemico era fisico, concreto: la guerra era combattuta con armi, carri armati, sangue. Oggi il conflitto è diverso: è un’infowar, una guerra di narrazioni. La propaganda non ha più bisogno di un palco e di un’oratoria incendiaria. Si è frantumata in mille schermi, in titoli sensazionalistici, in post virali.

Se Goebbels avesse avuto accesso agli strumenti di oggi, avrebbe probabilmente sostituito il suo famoso discorso con una campagna di social media perfettamente calibrata. Avrebbe usato i bot per diffondere fake news, i data scientist per profilare gli elettori, le intelligenze artificiali per creare video deepfake capaci di riscrivere la realtà. La manipolazione non urla più in una sala gremita: sussurra nei nostri smartphone, ci avvolge come un’ombra, ci sembra naturale.

Il vero rischio non è la propaganda in sé, ma il fatto che non la riconosciamo più. Goebbels, con tutto il suo arsenale retorico, dipendeva ancora da una folla che applaudiva. Oggi la propaganda non ha più bisogno di consenso attivo: basta il nostro scroll passivo su uno schermo.

A 82 anni di distanza, non dobbiamo solo ricordare il discorso del 18 febbraio 1943, ma comprendere che la guerra totale della propaganda non è mai finita. Ha solo cambiato forma.

Attualità

L'osservatorio di Guerrini: La guerra dell'acqua
Cagliari. La guerra dell'acqua. Utenti sardi contro Abbanoa, gestore del servizio idrico. Va avanti da più di vent'anni. Al centro c'è la politica tariffaria dell'ente, definita aggressiva dall'autorithy che ha già sanzionato, anche pesantemente, Abbanoa. Ora una sentenza del tribunale di Cagliari (giudici Cabitza, Piana e Corso) fa segnare un altr...

All'Alguer è guerra "silenziosa" all'IA - Non alla Iaia eh
Emergenza intelligenza artificiale. Così gridano le testate dei matusa. E tutto perché Faust, in eterna lotta con se stesso per entrare nel "paradiso terrestre" della rifondazione di Verru, fa da prestanome ad un prestanome di un prestanome di se stesso dicendo: eh ma mi avevate che mi facevate entrare, sono un anno e mezzo che busso. E tu bussa ta...

L'osservatorio di Guerrini: La storia di Napoleone
Cagliari. La storia di Napoleone. Piccolo e dolce cane meticcio di 10 anni. Lo hanno trovato accovacciato sul corpo del suo padrone, morto in auto per un malore. E' stato il suo ultimo atto di amore verso il suo umano. Non ha potuto far altro che stare mestamente lì, a vegliare colui al quale aveva dedicato sino a quel momento la sua vita. Riceven...