L’impero del politicamente corretto: la cultura woke e la deriva occidentale

  Nata nelle università e nelle metropoli costiere americane, la cultura woke si è imposta come un movimento di consapevolezza sociale, ma sta mostrando crepe profonde, perfino nel cuore della sua genesi. Inizialmente concepita come un mezzo per affrontare le storture storiche – dalla schiavitù alla discriminazione razziale – questa corrente ideologica si è trasformata in un’ossessione autocensurante, un sistema asfittico che sacrifica ogni dibattito sull’altare della correttezza. 

  E mentre il Midwest americano – quella parte centrale che si è sempre percepita lontana dalle mode delle coste – inizia a respingerla, in Europa assistiamo al fenomeno opposto: l’importazione acritica di questo modello, spesso slegato dal contesto locale. Il problema non è la ricerca dell’inclusione, un valore in sé nobile, ma il modo in cui viene perseguita. L’ossessione woke non affronta i mali strutturali dell’America – dall’erosione della classe media al declino del sistema educativo, dalla crisi della sanità pubblica alla stagnazione economica di intere comunità – ma preferisce concentrare la propria energia su battaglie marginali o simboliche. 

  Non si discute più di lavoro o accesso alle risorse, ma di pronomi, rappresentanza nelle pubblicità o del passato coloniale di chiunque osi prendere parola. “Colpevolizzare per purificare” è diventata la formula ideologica. In questa dinamica, i veri problemi restano sullo sfondo. L’America woke non parla più delle diseguaglianze che dividono le sue periferie, ma di come rendere un campus universitario più “inclusivo”. Non interroga le cause della crisi del welfare, ma si interroga ossessivamente su questioni identitarie. Il risultato è un crescente distacco tra le élite culturali e accademiche, che dettano questa agenda, e la popolazione, che si sente esclusa e, sempre più spesso, oppressa da una narrazione che non riconosce come propria. Questa deriva non è passata inosservata negli Stati Uniti, specialmente nel Midwest, dove una fetta sempre più larga della popolazione respinge il dogma woke. 

  Non si tratta di un rigurgito reazionario, ma di una stanchezza diffusa per un modello che impone regole su ciò che si può dire, pensare, o addirittura sentirsi. Persino nei centri urbani della East e della West Coast, il consenso inizia a scricchiolare, mentre alcuni intellettuali progressisti denunciano l’effetto boomerang di un linguaggio inclusivo che rischia di trasformarsi in una gabbia ideologica. Eppure, in Europa, questo paradigma viene importato senza adattamenti. Come satellite culturale della madrepatria americana, accogliamo con entusiasmo la narrativa woke, ignorando le specificità del nostro contesto sociale e politico. La conseguenza è un malessere crescente, una popolazione sempre più divisa e depressa, dove l’inclusione viene promessa a parole, ma le cause strutturali del disagio – precarietà, crisi demografica, collasso dei sistemi di protezione sociale – non vengono nemmeno sfiorate. Questa cultura, che si vanta di essere accogliente verso tutti, finisce per soffocare ogni dibattito autentico. Come osservava di recente un accademico americano critico del fenomeno: “Siamo tutti accettati, ma non siamo più liberi.”

  L’inclusività è diventata un’arma per garantire conformismo, non per aprire spazi di confronto. Il rischio, evidente negli Stati Uniti e sempre più palpabile in Europa, è che la cultura woke produca proprio l’effetto opposto a quello dichiarato: non un mondo più giusto, ma una società incapace di affrontare i propri problemi reali, ossessionata da questioni superficiali. Una popolazione non più libera, non più consapevole, ma accettata e depressa, privata del diritto al dissenso. In questo scenario, il compito del giornalismo non può essere quello di alimentare la retorica dominante. Dobbiamo riportare al centro i veri problemi: le diseguaglianze economiche, il declino delle istituzioni, le politiche pubbliche fallimentari. Perché, mentre ci disperdiamo nei dettagli, il mondo intorno a noi si muove con forza e indifferenza. E chiunque non sappia rispondere ai suoi problemi reali, presto, non sarà più in grado di governarlo.

Attualità

Mutui in franchi svizzeri: 200 famiglie sarde cadute nella trappola
  Ci sono anche 200 famiglie sarde nell’incubo dei mutui in franchi svizzeri venduti dalla banca inglese Barclays tra il 2003 e il 2010. Chi ci scrive è un socio dell’associazione Tuconfin Paolo Lombardi, che da anni si batte per far ottenere giustizia a 10 mila famiglie italiane coinvolte nel caso dei mutui prima casa indicizzati al franco...

Don Guido, aggredito perché ha detto la verità
In Italia, se spacci droga ti rispettano. Se osi denunciarla, ti menano. È quanto accaduto a Bonifati, provincia di Cosenza, dove un giovane prete ha avuto la sfrontatezza – oggi si direbbe il coraggio – di parlare chiaro. Don Guido Quintieri, parroco del paese, è stato pestato sul sagrato della chiesa. S...

Porto Torres. Inaugurazione targa esplicativa scultura “SoNoS”. Sabato 3 maggio ore 11
Sabato 3 maggio, alle ore 11, nel parco affacciato sulla splendida spiaggia di Balai a Porto Torres, si terrà l’inaugurazione della targa esplicativa della scultura “SoNoS”, dedicata alla memoria dell’artista turritano Andrea Parodi, la cui voce inconfondibile ha portato e continua a portare la musica e la lingua sarda in giro per il mondo, diventa...

Referendum popolari 8-9 giugno 2025: I quesiti
Sono stati convocati i comizi per il voto referendario previsto per domenica 8 giugno e lunedì 9 giugno 2025. Gli elettori saranno chiamati a esprimersi su cinque quesiti popolari di straordinaria rilevanza, destinati a incidere profondamente su temi cardine del diritto del lavoro e della cittadinanza. Le...

L'osservatorio di Guerrini: La sanità sarda, un carrozone sfasciato e vicino al collasso
La Sanità sarda. Un carrozzone sfasciato. E vicino al collasso. Al capogruppo PD, Roberto Deriu, va bene così. Visto che ha fatto disertare ai suoi la prima azione concreta possibile della Giunta Regionale per cancellare un sistema infame. In cui il diritto alla salute per i sardi è diventato un incubo. Con il fulcro dei DG (sardisti-salviniani) c...

Il conclave comincia il 7 maggio, chiude la Cappella Sistina. Becciu rinuncia
Il conclave per eleggere il successore di Papa Francesco inizierà il 7 maggio 2025, come deciso dalle congregazioni generali dei cardinali riunitesi il 28 aprile. Questo evento, carico di significato storico e spirituale, si svolge nel contesto del Giubileo in corso, aggiungendo ulteriore solennità a un processo già ricco di tradizione. La Cappella...

A Cagliari, in diecimila per ricordare che la libertà non è una concessione
C’è chi vorrebbe la memoria con il silenziatore, magari a lutto, magari in sordina. Ma il 25 aprile a Cagliari, quest’anno, ha avuto il suono forte delle voci libere. Diecimila persone – giovani e anziani, studenti, militanti, cittadini qualunque – hanno sfilato per le strade del centro, dal Largo alla Via Roma, per ricordare che la Liberazione non...