Il 10 aprile del 1991 si è scritta una delle pagine più cupe della storia marittima italiana. Il Moby Prince, traghetto partito dalla rada livornese, si scontrò con l'Agip Abruzzo, una petroliera carica di promesse industriali ma, quella sera, artefice di una tragedia. Alle 22.25, quando molti sognavano già le spiagge della Sardegna, la realtà si rivelò ben più amara: 140 vite si spensero in un inferno di fuoco e fumo, lasciando come unico testimone Alessio Bertrand, mozzo sopravvissuto per raccontare l'orrore.
La tragedia del Moby Prince si consumò a 2,7 miglia dalla costa, luogo ora segnato da un silenzio che grida vendetta.
La prua del traghetto, forse accecata dalla nebbia o spinta da una fatalità che nessuno seppe prevedere, si conficcò nella cisterna numero 7 dell'Agip Abruzzo. Da lì, un mare di greggio avvolse la nave in fiamme che nessuno riuscì a domare.
Questo non fu un incidente come gli altri. La tardiva scoperta del disastro, solo alle 23.35, fu solo l'inizio di un calvario fatto di indagini, processi e una sete di giustizia che mai si è placata. Parlare del Moby Prince oggi significa rivangare una ferita aperta nella memoria collettiva, dove le voci dei familiari delle vittime continuano a cercare una verità nascosta tra le pieghe di una burocrazia che, troppo spesso, sa di silenzio.
Le ipotesi sull'accaduto si susseguono: nebbia, eccesso di velocità, un'esplosione improvvisa, o un guasto irrisolto? La verità si nasconde dietro un velo che nessuna commissione parlamentare, neanche quella del 2018, è riuscita a sollevare del tutto. La riapertura delle indagini da parte della procura di Livorno accende una flebile speranza, ma il dubbio persiste, tenace come il ricordo di quella tragica notte.
Il Moby Prince resta un monito, un ricordo doloroso di quanto il mare possa essere crudele e di come la tecnologia, pur avanzata, possa cedere di fronte alla forza della natura o alla fallibilità umana. È la storia di una tragedia che non ha trovato colpevoli, di una nave che, in una notte di primavera, divenne tomba per 140 anime. Oggi, a 33 anni di distanza, mentre si rende omaggio a quelle vite perdute, il pensiero va a ciò che resta: il mare, testimone silente di una notte che l'Italia non può e non deve dimenticare.