Poste Italiane è il primo datore di lavoro in Italia. La società dal 2016 – anno in cui il Governo, allora
presieduto dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, decise per l'alienazione del 35% delle quote
pubbliche – è partecipata per il 29,26% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, per il 35% da
Cassa Depositi e Prestiti. Le politiche attive aziendali che hanno fatto seguito al processo di
privatizzazione si sono da subito contraddistinte per la tendenza a preferire una certa flessibilità
lavorativa. Agendo in virtù della quale si realizza – secondo le analisi della Corte dei Conti, Sezione
di Controllo sugli Enti – il raddoppio del ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato, 7.036 del
2016 contro 14.358 del 2017. Proseguendo in egual misura fino a oggi. Nonché la graduale
contrazione dell'occupazione stabile, 131.942 dipendenti a tempo indeterminato del 2016 contro
106.116 del 2022.
Sebbene l’azienda sia solita annunciare come i «risultati record» conseguiti dal gruppo, in
termini di fatturato, riflettano uno «sviluppo sostenibile orientato al benessere dei dipendenti», la
realtà purtroppo è ben diversa. Ogni anno, infatti, Poste Italiane assume migliaia di lavoratrici e
lavoratori precari. Sono soprattutto giovani. Costretti solitamente a spostarsi di centinaia di
chilometri da dove sono residenti e a farsi carico di spese di locazione non indifferenti, anche solo
per pochi mesi. L’occasione di entrare a far parte stabilmente della grande azienda, prospettata
attraverso una martellante campagna pubblicitaria, presto si riduce a transitoria esperienza lavorativa
che nella migliore delle ipotesi si protrae fino a dodici mesi, durata massima consentita senza obbligo
di causale secondo la vigente normativa.
Movimento Lottiamo Insieme – mov.lottiamoinsieme@yahoo.com
Dal 2017 al 2023 – ancora, secondo la Corte – quasi 90 mila precari hanno prestato servizio
alle dipendenze di Poste Italiane. Svolgendo, nella maggior parte dei casi, attività di smistamento e
recapito della corrispondenza. Nel suddetto arco di tempo l’azienda ha provveduto a stabilizzare
12.500 risorse, riporta Il Sole 24 Ore del 20 luglio 2023, attingendo dalla graduatoria formatasi, cui
possono accedere soltanto coloro assunti per almeno sei mesi a tempo determinato.
Ma questa è solo
la punta di un iceberg fatto di precariato e mancanza di diritti. Oggi la graduatoria contiene circa 10
mila persone già formate e pronte per essere impiegate nell’ambito delle procedure di stabilizzazione.
Tutti gli altri dipendenti temporanei risultano “invisibili”, ma nella sostanza sono necessari per il
mantenimento del servizio di recapito.
E in effetti, appare singolare constatare come la quasi totalità dei precari sia impiegata nella
gestione della corrispondenza e dei pacchi. A riprova che si ha ben chiara una strategia di sviluppo
improntata alla flessibilità, per ridurre i costi e massimizzare i profitti. Rispondendo solo in parte a
esigenze di carattere temporaneo o eccezionale in osservanza della disciplina sul contratto a termine.
Dati alla mano, solo un lavoratore precario di Poste Italiane su sette ottiene il tanto declamato “posto
fisso”. Che in molti casi si tratta di part-time involontario, ovvero precarietà a tempo indeterminato.
Lo Stato dovrebbe impegnarsi nel promuovere l’occupazione stabile e dignitosa nella gestione
di un servizio di pubblica utilità. E verificare che ciò avvenga e si realizzi secondo criteri di equità
e imparzialità. Da Roma finora non è pervenuta alcuna risposta soddisfacente.
La precarizzazione del lavoro si attua con un peggioramento delle condizioni lavorative.
«Vuoi il rinnovo del contratto? Devi sopportare tutto. E scordati le ferie»: titola così un articolo de
L’Espresso del 13 dicembre 2023, sul caso dei portalettere precari di Poste Italiane. «Chi si occupa
delle consegne ed ha un tempo determinato punta alla stabilizzazione, regolata tramite una
graduatoria. Ma il punteggio spesso diventa uno strumento di ricatto», osserva il settimanale – che ha
raccolto decine di testimonianze di lavoratori, per la maggior parte ex dipendenti –. «Il risultato, però
– ne scrive ancora – è che le graduatorie sono piene e caratterizzate da tempi d’attesa molto lunghi.
Così, per raggiungere un punteggio abbastanza elevato da poter puntare all’indeterminato, la battaglia
tra i lavoratori si gioca sul campo. E al ribasso: chi più sopporta e resiste avrà maggior probabilità di
vedere rinnovato il contratto [...]».
Alla luce dei fatti esposti vi è il fondato timore che un’ulteriore privatizzazione – sostenuta
dalla presentazione di un nuovo piano industriale che non potrebbe astenersi dal perseguire il
massimo profitto, come le regole di mercato richiedono alle imprese private quotate in borsa – possa
acuire la precarizzazione del lavoro già in essere nel recapito postale e le evidenti criticità che si sono
Movimento Lottiamo Insieme – mov.lottiamoinsieme@yahoo.com
palesate negli ultimi anni, ivi sintetizzate. Pur all'interno di un esercizio complessivamente molto
positivo,si tratta di un settore in perdita costante, guardando i bilanci e le relazioni annuali del gruppo.
Quindi, risulta difficile credere che un imprenditore privato, a differenza della controparte pubblica
chiamata ad assolvere un servizio a beneficio della collettività non avendo per obiettivo quello di
guadagnare il più possibile, riesca a digerire senza problemi investimenti che risulterebbero fin dal
principio svantaggiosi.
Pertanto, come Movimento Lottiamo Insieme delle lavoratrici e dei lavoratori precari di Poste
Italiane riteniamo fondamentale opporci con ferma contrarietà al programma di privatizzazione
della società annunciato dall’attuale Esecutivo. Con la presente cogliamo altresì l’occasione per
ribadire l’assoluta urgenza di stabilizzare tutte le precarie e i precari inseriti in graduatoria, al fine di
promuovere l’occupazione stabile e di qualità. Perché non c’è futuro in un’esistenza precaria.