Le montagne asturiane si ergono come sentinelle silenziose
quando il gruppo della Vuelta a España muove i primi colpi di
pedale da Avilés. È sabato 6 settembre, e centotrentacinque
chilometri separano i corridori da La Farrapona, quella salita che
vista da lontano fa tremare le gambe solo a guardarla. Il consiglio
migliore per affrontarla? Non guardare mai verso l'alto.
Ma prima di arrivare a quell'inferno finale, la corsa deve fare i conti
con la realtà di un mondo che non dorme mai. Alle 13:46, un'altra
protesta contro la Israel-Premier Tech costringe la carovana a
fermarsi. Manifestanti che chiedono giustizia per la Palestina, che
denunciano l'incoerenza di chi ha escluso la Russia dalle
competizioni per l'Ucraina ma permette a Israele di continuare a
correre. La politica irrompe nel ciclismo, e il gruppo deve attendere
che la strada si liberi.
Quando finalmente la tappa inizia ufficialmente, è Jonas Rickaert
dell'Alpecin-Deceuninck a rompere gli indugi. Il belga si lancia in
solitaria, ma la sua fuga dura il tempo di un sospiro. Ben presto si
forma un drappello di ventidue corridori determinati a giocarsi le
proprie carte lontano dal controllo dei big.
Tra loro c'è Marc Soler, lo scalatore catalano della UAE Team
Emirates che ha nel DNA l'arte di soffrire in salita. C'è Gianmarco
Garofoli della Soudal Quick-Step, giovane talento italiano che
sogna il suo momento di gloria. Ci sono veterani come Carlos
Verona e affamati come Johannes Staune-Mittet della Decathlon
AG2R La Mondiale, squadra che piazza quattro uomini nella fuga.
La corsa entra nel vivo sull'Alto Tenebreo, primo GPM di giornata.
Soler transita per primo dimostrando che le sue ambizioni non si
fermano ai punti della montagna. Dietro, il gruppo guidato dalla
UAE Team Emirates mantiene un ritardo tra i quattro e i sei minuti,
calcolando ogni secondo concesso agli attaccanti.
Il Puertu de San Llaurienzu diventa il teatro della prima selezione
seria. La salita spacca la fuga, e improvvisamente sono solo in
undici a giocarsi la vittoria. Soler c'è, naturalmente, insieme a
uomini come James Shaw, Bruno Armirail e Jan Hirt. Dietro, il
gruppo perde pezzi importanti: Mikel Landa fatica, Giulio Ciccone si
stacca, anche Egan Bernal alza bandiera bianca.
La UAE Team Emirates controlla con freddezza militare. Prima è
Ivo Oliveira a dettare il ritmo, poi Domen Novak, infine Juan Ayuso.
Logoramento progressivo degli avversari fino al momento
dell'attacco decisivo. Quando mancano diciotto chilometri al
traguardo e inizia la salita finale verso La Farrapona, Soler capisce
che è arrivato il suo momento.
Il catalano attacca con la determinazione di chi sa che questa
potrebbe essere l'occasione della vita. Johannes Staune-Mittet
prova a seguirlo, ma la classe del corridore della UAE è superiore.
Soler vola sui primi tornanti, guadagnando secondi preziosi. Dietro,
il gruppo degli uomini di classifica si riduce a una manciata di
corridori.
Negli ultimi cinque chilometri, quando le pendenze toccano l'otto-
nove per cento, la corsa esplode. Jai Hindley della Red Bull-BORA-
hansgrohe scatta con violenza. João Almeida risponde
immediatamente, con Jonas Vingegaard che si accoda al
portoghese come un'ombra fedele. È il momento che tutti
aspettavano: lo scontro diretto tra i due protagonisti della classifica
generale.
Almeida si carica sulle spalle il peso dell'inseguimento. Pedalata
dopo pedalata, il portoghese trascina Vingegaard verso la vetta,
mentre il danese della Visma-Lease a Bike sembra limitarsi a
seguire senza mai collaborare. È una tattica vecchia come il
ciclismo: lasciare che l'avversario faccia la fatica, per poi giocarsi
tutto negli ultimi metri.
Davanti, Soler vola verso una vittoria che ha il sapore del riscatto. Il
catalano taglia il traguardo con le braccia al cielo, conquistando la
sua prima vittoria in questa Vuelta con 39 secondi di vantaggio. Ma
è negli ultimi metri che si consuma il vero dramma della giornata.
Almeida parte lunghissimo nello sprint finale, le gambe che
pompano con disperazione. Ma Vingegaard, che per diciotto
chilometri non ha mai preso un cambio, trova nel finale quella
lucidità tattica che contraddistingue i grandi campioni. Il danese
supera il portoghese proprio in vista del traguardo, in una volata
che vale molto più dei sei secondi di abbuono per il secondo posto.
È un messaggio chiaro quello che Vingegaard manda ai rivali:
anche quando sembra in difficoltà, anche quando viene trascinato
per chilometri, lui c'è sempre nel momento che conta. Almeida deve
accontentarsi del terzo posto e dei quattro secondi di abbuono,
consapevole che quella collaborazione mancata potrebbe pesare
nei conti finali.
Dietro di loro, Hindley chiude quarto confermando il suo ottimo
momento, mentre Felix Gall e il giovane Giulio Pellizzari
completano una top ten che fotografa i valori in campo. La classifica
generale vede sempre Vingegaard al comando con 48 secondi su
Almeida, ma quei secondi guadagnati negli abbuoni raccontano di
una battaglia appena iniziata.
Quando le luci si spengono su La Farrapona, resta il sapore di una
giornata che ha regalato emozioni pure. Soler ha trovato la sua
gloria personale, Vingegaard ha dimostrato la sua astuzia tattica,
Almeida ha confermato di essere l'uomo più pericoloso per la
maglia rossa. Ma la Vuelta è come queste montagne asturiane:
imperscrutabile, capace di sorprendere. Con una terza settimana
che promette battaglie epiche, l'unica certezza è che nulla è ancora
deciso.