Dietro le quinte del potere: Mario Scelba, il custode severo della neonata Repubblica

  Amato dai suoi, temuto dai nemici, Mario Scelba è stato un politico che ha dominato l'Italia del dopoguerra con la forza della disciplina. Non era un uomo di grandi discorsi, né di gesti carismatici. A lui bastava un telefono e una rete di contatti fidati per gestire il potere. Nella storia dei Presidenti del Consiglio, Scelba rimane una figura che ha incarnato l'ordine, non la retorica. Nato nel 1901 a Caltagirone, Scelba si avvicinò alla politica attraverso l'azione cattolica e, ben presto, divenne uno dei discepoli più fedeli di Alcide De Gasperi. 

  Ma non era la politica delle ideologie a interessarlo: Scelba aveva un obiettivo preciso, mantenere l'ordine in una Repubblica appena nata, in un’Italia che rischiava ancora di scivolare verso l’anarchia. Quando De Gasperi lo volle Ministro dell’Interno, Scelba non si tirò indietro. L’Italia era un Paese scosso da scioperi e manifestazioni, con il Partito Comunista sempre più forte. Lì Scelba mostrò tutta la sua risolutezza, imponendo una politica di ordine pubblico che non lasciava spazio a sconti. Fu in questo periodo che nacque l’appellativo "Ministro di Ferro", e il suo nome divenne sinonimo dell’uso della forza per ristabilire l’ordine nelle piazze. Tra gli episodi più noti vi fu quello della strage di Melissa, in Calabria, dove, durante una manifestazione di contadini, la polizia sparò sui manifestanti, lasciando sul campo tre morti. Scelba non arretrò di un passo: per lui, quella era la risposta necessaria per evitare il caos, ma l’episodio lo rese il bersaglio di critiche feroci, soprattutto dalla sinistra. Tuttavia, non era un uomo che si lasciava intimidire dalle polemiche. Scelba, come si diceva, non era un oratore né un grande affabulatore. La sua forza stava nel controllo discreto e silenzioso del potere. Si racconta che passasse intere notti al telefono, chiamando uno per uno i suoi collaboratori per orchestrare la gestione dell’ordine pubblico o delle crisi politiche. Aveva una memoria prodigiosa e una conoscenza dei meccanismi dello Stato che pochi potevano eguagliare. Un aneddoto interessante riguarda il suo rapporto con Aldo Moro. Si dice che, una notte, mentre Moro stava presiedendo una riunione fiume, Scelba entrò in aula in piena notte per dargli un consiglio secco: "Taglia corto, Aldo. Non puoi convincerli, e non ne vale la pena". Era il modo di Scelba di affrontare le crisi: diretto, pragmatista, poco incline a perdere tempo in discussioni inconcludenti. Quando nel 1954 divenne Presidente del Consiglio, Scelba continuò a portare avanti la sua visione di un’Italia stabile, in cui l’autorità dello Stato non doveva mai vacillare. 

  Ma il suo mandato durò poco più di un anno: la sua politica inflessibile e le tensioni interne alla Democrazia Cristiana lo portarono alla sfiducia da parte del suo stesso partito nel 1955. La breve esperienza alla guida del Paese non intaccò la sua reputazione di uomo forte. Anche se la sua presidenza fu breve, rimase una figura di riferimento per il partito e per la politica italiana. Continuò a esercitare influenza dall'interno della Democrazia Cristiana e tornò più volte a rivestire ruoli di rilievo. Nonostante la fama di "duro", Scelba non mancava di una certa ironia. Si dice che fosse un lettore accanito e che coltivasse la passione per la cucina. Tra i suoi collaboratori si racconta di una cena in cui sorprese tutti con un piatto di pasta che, a detta dei presenti, non aveva nulla da invidiare ai grandi chef. Un lato che pochi conoscevano, ma che rivelava un uomo molto più complesso di quanto apparisse in pubblico. Nel nostro prossimo appuntamento ci concentreremo su Giuseppe Pella, un Presidente del Consiglio che ha governato in un momento di grandi tensioni internazionali e che ha dovuto destreggiarsi tra la crisi di Trieste e i delicati equilibri interni. Non mancheranno aneddoti curiosi, né sorprese sul suo modo di gestire il potere. Ma, come sempre, le vicende ci riserveranno nuovi colpi di scena…

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