Memorie algheresi: Nave Vespucci

  C’era un destino comune che legava i residenti maschi delle città di mare: il servizio di leva obbligatorio in Marina. Non so se fosse una disposizione legislativa o una consuetudine non scritta, ma chi era nato ad Alghero, Porto Torres, La Maddalena, insomma in città di mare, era certo come il sorgere del sole che, a quell’età, il “solino” te lo mettevano addosso. Per ventiquattro mesi. Non so se questa fosse una disposizione di legge o uno sfizio del comandante del circondario marittimo, per togliere ogni dubbio sull’affinità marinaresca del coscritto. Il futuro marinaio, è successo ad Alghero, “andava a farsi un bagno alla punta del molo,” preferibilmente con venti di maestrale o di libeccio. Finita questa prova, niente avrebbe offuscato la liberatoria di abile e imbarcato. Uno fra i tanti di Alghero è stato “Antonino lu negra,” imbarcato insieme a un “fiottu” gruppo di Algheresi sulla nave Palinuro, sorella più piccola della nave Amerigo Vespucci. Come non ricordarlo nelle sue lunghe e silenziose passeggiate sulla muraglia, guardando il mare e gli scogli sottostanti con gli immancabili zoccoloni bianchi “all season.” 

  Sulla nave Vespucci, invece, fu imbarcato un mio amico di Porto Torres. Bainzinu, che significa nato e residente nel quartiere attorno alla Basilica di S. Gavino. Bainzu in portotorrese, sarebbe come dire di un algherese nato e cresciuto nel quartiere di S. Agostino. Ma comunque città di mare si tratta, e il formidabile (per chi?) imbarco fu determinato da tre fattori: era di Porto Torres, aveva studiato per qualche anno all’Istituto Nautico e aveva un parente imbarcato (volontario) a bordo della nave Vespucci, come sottufficiale di carriera. Il grado fa la differenza ed in cima alla scala gerarchica a bordo c’era il comandante Agostino Straulino. Chi sia stato lo lasciamo raccontare ai vari biografi. Lettura consigliata a chi è interessato alle storie di mare. Non è “buccia di giogga.” Questi fatti me li aveva raccontati il nostro Bainzinu e trovano riscontro nelle cronache del Vespucci. Il comandante Straulino era nato dalle parti del Carso e ben sapeva chi erano i Sardi e i Sassarini e non si fece scappare questa opportunità. Era un ottimo velista e appassionato uomo di mondo; scelse come suo “bodyguard” il nostro sardo, sordo, granitico Shardana, che montava la guardia alla sua cabina con il fucile di ordinanza scarico, le giberne riempite con stecche di legno, quando il comandante, con la Vespucci ormeggiata in banchina, era intento a intrattenere le numerose gentili signore che smaniavano di visitare la sua cabina. Ed il sardo, granitico, sordo, impassibile stava lì fuori. Fu a Taranto che il comandante Straulino mostrò il meglio della sua competenza velistica. La nave Vespucci era ormeggiata all’interno del Mar Piccolo, una specie di bacinella se confrontata alle esigenze di manovra della nave Vespucci. Il Mar Piccolo è separato dal mare con il famoso Ponte Girevole; il passaggio è stretto e le navi transitano trainate al rimorchio. È assolutamente vietato il transito a vela. Il comandante Straulino, allora in gran forma, già meditava l’azzardo. Approfittando di un vento di Tramontana favorevole, fece chiamare tutto l’equipaggio in assemblea in coperta e fece più o meno questo discorso: “So che è difficile, ma non impossibile, ma se tutti voi eseguirete gli ordini che vi verranno impartiti, passeremo di fronte al Ponte Girevole a vele spiegate. Lo possiamo fare.” In pratica, quello era un ordine. 

  Si iniziava a percepire nell’aria quel caratteristico odore di fifa, per la consapevole difficoltà che quella manovra comportava. Ma si faceva finta di niente. In una sequenza di fischi modulati sugli ordini impartiti, si mandavano i marinai sui pennoni. Tutti gli altri ai posti di manovra, si mollavano gli ormeggi; dai pennoni i gabbieri scioglievano i matafioni, le vele cominciavano a gonfiarsi, i quattro timonieri, due marinai per ruota, tenevano con decisione le impugnature delle due ruote del timone. Le grandi vele venivano orientate per prendere il miglior vento e spingere la nave verso il canale di uscita con il Ponte Girevole aperto. Con i pennoni che sembravano voler toccare le alte pareti, la nave Vespucci usciva decisa e maestosa verso il mare aperto, sotto lo sguardo inc...to ma ammirato degli ufficiali che guardavano dal palazzo dell’Ammiragliato posto davanti al canale. Quando la poppa della nave, con la sua grande bandiera navale italiana, superò il Ponte Girevole, un corale respiro di sollievo serpeggiò fra l’equipaggio. Al largo la nave fu fermata, altra assemblea al ponte di coperta. Il comandante Straulino, congratulando l’equipaggio e ringraziando per la magnifica manovra, dispose che a ciascun marinaio, in quantità uguale, fosse consegnata una confezione di brandy. Successivamente, al comandante Straulino furono recapitate due lettere, una ufficiale e una riservata. Nella lettera ufficiale si disponevano a carico del comandante della nave Vespucci dieci giorni di consegna (prigione) per aver deliberatamente infranto il divieto di navigazione a vela in prossimità del Ponte Girevole di Taranto. La seconda lettera, quella riservata, esprimeva tutta l’ammirazione degli ufficiali che avevano assistito alla straordinaria manovra di attraversamento del canale in uscita dal Mar Piccolo di Taranto con l’ausilio delle sole vele. Questo episodio passò nella storia della navigazione della Marina Militare Italiana. E non solo. Ecco perché ogni nave in navigazione, in qualsiasi mare, quando incontra la Nave Vespucci, cede il passo, dà la precedenza in segno di rispetto e ammirazione. Con una punta di invidia! Cambiamo scenario: il Vespucci navigava sul Mar Tirreno in burrasca, con onde che toglievano il ponte sotto i piedi. La nave beccheggiava e rollava in maniera paurosa; a niente serviva il piede da marinaio, a dimostrazione che quando ci si mette, il mare sa farsi temere. Era necessario ridurre la velatura al minimo e per eseguire la manovra si doveva salire sui pennoni. Furono chiamati i marinai addetti alla manovra, tra i quali il nostro sardo Bainzino. Lui non si staccava dalla cima di sicurezza, fermo e granitico rispose al nostromo: “Io sono milite di leva, fossi volontario sarei già stato su.” Intanto gli altri marinai di leva volontaria procedevano alle operazioni sui pennoni per ridurre la velatura. Uno venne giù, prima degli altri, direttamente sul ponte. Il tonfo sovrastò il rumore del mare. Fu portato via dentro un lenzuolo bianco. Il nostro Bainzino, invece, fu portato in cella nella stiva della nave, cinque giorni di rigore, meglio che a Gaeta, così aveva disposto il comandante. Il comandante Straulino era un gaudente uomo di mondo, oltre che a essere un valido velista, ma era soprattutto un uomo.

Cultura

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