La presidente Alessandra Todde ha voluto mettere la sua firma anche sul teatro della politica internazionale, salutando con un «buon vento» la Global Sumud Flotilla, la flottiglia che intende salpare per Gaza con il dichiarato obiettivo di rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari. «Una flotta di pace – afferma Todde – fatta da tante piccole imbarcazioni da diporto, animata da persone di 44 Paesi diversi, farà rotta su Gaza per rompere l’assedio navale e portare solidarietà concreta. Nelle cambuse, infatti, sono conservate tonnellate di aiuti umanitari raccolti con più di 2 milioni di euro, donati da oltre 30 mila persone».
Parole nobili, certo, intrise di simbolismo. Eppure è inevitabile il sospetto che si tratti dell’ennesimo rito consolatorio, utile più a lavare le coscienze che a incidere davvero sul destino di un conflitto che si consuma altrove. Todde insiste sul concetto di Sumud, «perseveranza e resilienza», e lo veste di retorica comunitaria: «Il nome esprime bene quello che ha fatto la società civile internazionale, che è invece riuscita a colmare i silenzi e assenze dei rispettivi governi».
Ma qui sta l’inganno: mentre si benedicono le vele della “pace”, le guerre vere bruciano. Basta volgere lo sguardo un po’ più in basso sul mappamondo per imbattersi nel Sudan, teatro di una delle peggiori catastrofi umanitarie del nostro tempo, con centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati. Eppure lì non c’è nessuna flottiglia, nessun riflettore, nessun comunicato stampa. Il silenzio è assordante, perché il Sudan non porta audience, non smuove folle, non garantisce passerelle.
Jean Raspail, nel Campo dei Santi, aveva colto in anticipo la patetica teatralità di queste mobilitazioni: l’Occidente che si commuove a comando, che si sente nobile a organizzare una processione navale o un happening pacifista, salvo poi disinteressarsi dei veri drammi del mondo. Un’umanità che trasforma la tragedia altrui in liturgia, in scenografia utile più alla coscienza che alla politica.
L’augurio di buon vento della presidente Todde suona allora come una cartolina patinata: rassicura, emoziona, riempie i comunicati, ma non sposta di un millimetro le macerie di Gaza né le fosse comuni del Sudan. Serve alla retorica, non ai popoli. E il rischio, come ammoniva Raspail, è che l’Europa intera resti un enorme Campo dei Santi: rassegnata a guardare, tra una commemorazione e l’altra, le ondate della storia senza mai provare davvero a governarle.