Eccoci qua. Non è passato neanche troppo tempo da quando i prezzi degli idrocarburi avevano finalmente dato un minimo di tregua dopo i picchi d’inflazione del 2022-2023. Sembrava che il peggio fosse alle spalle, che i distributori avessero smesso di spennare gli automobilisti a ogni pieno. Ma bastano pochi missili in Medio Oriente per far ripartire la giostra. Puntuale come un bollettino di guerra, arriva il nuovo aumento.
L’apertura del fronte israelo-iraniano ha rimesso in subbuglio i mercati petroliferi. Il Brent ha ripreso quota, il 10% in più, stabilizzandosi intorno ai 75 dollari al barile. E così, a cascata, salgono anche le quotazioni dei prodotti raffinati nel Mediterraneo. La benzina aumenta di due centesimi al litro, il gasolio di tre. Alla pompa, dopo due settimane, la benzina torna a superare la soglia psicologica dell’1,7 euro al litro, mentre il gasolio riprende a marciare sopra 1,6.
Eni, tanto per non perdere il vizio, ha alzato i prezzi consigliati di un centesimo. IP e Q8 di due sul gasolio. E i numeri, snocciolati da Staffetta Quotidiana, parlano chiaro: benzina self service a 1,707 euro, diesel a 1,605. Al servito si sale a 1,846 euro per la benzina, 1,745 per il gasolio. Le pompe bianche restano un filo più basse, ma di poco. Solo Gpl e metano danno un minimo di respiro.
Così funziona il mercato dell’oro nero: ogni scusa è buona per gonfiare i prezzi. Una crisi geopolitica a Teheran, una nave in avaria a Hormuz, due esercitazioni a largo del Mar Rosso: la benzina sale. Poi quando la crisi rientra, la discesa è lenta come il caffè che esce dalla moka.
Ma, a ben vedere, non è solo colpa delle guerre. Il giochino lo conosciamo: i prezzi salgono subito appena qualcuno starnutisce in Medio Oriente; per scendere, invece, ci vogliono mesi. E mentre a Roma si discute di bonus carburante e di riduzione delle accise — sempre promesse e mai mantenute — il pieno torna a essere una tassa indiretta che pesa sulle spalle di chi lavora, di chi si muove, di chi non può permettersi di lasciare l’auto ferma.
Il resto sono chiacchiere da convegno. Perché, alla fine, il carburante in Italia funziona come il prezzemolo: lo metti ovunque e paghi sempre di più. E ogni nuova crisi, che sia a Gaza, a Teheran o a Kiev, diventa il pretesto perfetto per far ripartire la solita manovella.