Pagare o crepare: l’Italia degli autovelox e dei cittadini spennati

Se passate da Bazzana di Mombaruzzo, frazione piemontese, alzate gli occhi. No, non al cielo, ché quello da tempo ha smesso di aiutarci. Guardate piuttosto i lampioni, le curve, le siepi alte tre metri. Perché da lì, nascosto come un ladro che aspetta il calare delle tenebre, vi osserva un autovelox.

Un poveraccio, vigilante, uno di quei mestieri che stanno a metà tra il portiere di notte e il parafulmine sociale, si è ritrovato sul groppone 28.000 euro di multe. Sì, ventottomila. E sapete perché? Perché ogni giorno, per sei mesi, ha fatto il tragitto casa-lavoro, superando il limite di velocità (settanta all’ora). Non si è accorto dell’autovelox. Non è un criminale, non è un pirata della strada. È solo un cittadino che lavora. O meglio: lavorava per pagare lo Stato, senza saperlo.

Lui dice che l’aggeggio era "dietro una curva, in cima a un lampione e nascosto da una siepe". Se è vero siamo al teatro dell’assurdo. Qui non si tratta di sicurezza, ma di predazione fiscale. Lo Stato (e i suoi figli: province e comuni) non ti protegge, ti bracca. Si mette in agguato, ti aspetta con pazienza e poi ti bastona. Non per educarti. Ma per incassare.

Ora, ditemi voi come si fa a vivere con uno stipendio da 1.100 euro al mese, sapendo che un giorno potrebbe arrivarti una cartella esattoriale da 28.000. È come camminare ogni mattina con un cappio invisibile al collo. L’Italia è diventata questo: una burocrazia sadica, che non avvisa, non ammonisce, non educa. Semplicemente colpisce. E se non muori, paga.

Mi si dirà: "La legge è legge". Certo. Ma allora sia uguale per tutti. Che fine ha fatto la gradualità delle sanzioni? La proporzionalità? Il buon senso? Lo Stato sa perfettamente quanti passaggi fa una targa sotto un autovelox. Perché non bloccare subito chi accumula infrazioni? No, meglio aspettare che il conto salga a cifre da usura, per poi presentarsi col piattino.

E intanto chi lavora viene trattato come un cretino. Chi evade milioni si gode lo yacht. E chi sgarra di sette chilometri orari viene marchiato a fuoco.

Ecco, se volete sapere cosa vuol dire vivere in Italia oggi, non guardate ai grandi scandali. Guardate alla vita di un vigilante qualunque, che credeva di andare al lavoro e invece stava andando al massacro. Senza saperlo. Senza che nessuno gli dicesse nulla.

Perché qui, ormai, non si avverte. Si punisce. E si incassa.

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