La pesca sarda è ferma. Non per il mare grosso, ma per il fermo biologico prorogato dal Ministero. Un provvedimento che, nato per tutelare gli stock ittici, sta invece rischiando di affondare l’intera filiera: pescatori, armatori, commercianti e ristoratori. Tutti in ginocchio, tutti in attesa di risposte che non arrivano.
Il consigliere comunale Alberto Bamonti, del gruppo Noi Riformiamo Alghero, non usa giri di parole: «Serve un intervento immediato della presidente Todde. Ogni giorno di silenzio significa barche ferme, famiglie senza reddito e un pezzo di identità che rischia di scomparire». Parole semplici, ma pesanti come un’ancora.
La situazione è seria. Il settore, già provato da anni di gestione incerta e dai ritardi nei pagamenti dei fermi pesca, ora si trova di fronte a un’ulteriore stangata. Il paradosso è che mentre Bruxelles predica la sostenibilità, nei porti della Sardegna il silenzio delle reti si traduce in disperazione.
Dal fronte nazionale arriva anche la voce di Gennaro Scognamiglio, presidente dell’Unci AgroAlimentare, che punta il dito contro la Commissione europea: «Proseguono le politiche vessatorie di Bruxelles, che da anni colpiscono indiscriminatamente lavoratori e imprese del comparto ittico. Ai pescatori viene attribuita la colpa dei problemi ambientali del mare, dimenticando l’inquinamento e gli scarichi da terra».
Il governo, almeno sul fronte continentale, ha ottenuto una mediazione: il fermo nel Tirreno durerà fino a fine novembre, non fino a Capodanno. Poco, ma meglio di niente. Come dire: ci hanno tagliato una gamba, ma non entrambe.
Scognamiglio parla di “atteggiamento ostile dell’Europa” e chiede “un’inversione di rotta”, mentre sollecita l’esecutivo nazionale a varare misure che garantiscano dignità e reddito agli operatori. In parole povere: meno tavoli, più fatti.
Il mare, in Sardegna, non è solo economia. È cultura, è memoria, è fatica tramandata di padre in figlio. Ogni rete tirata a secco è una storia che si spegne.
E quando la burocrazia mette in ginocchio chi vive di vento e salsedine, c’è da chiedersi se la politica ricordi ancora da dove viene il profumo del pesce fresco.