Elon Musk non guarda solo a Marte. Ogni tanto, il miliardario più discusso del pianeta tende la mano anche alla Terra. E in questo caso all’Italia, dove le università di Tor Vergata, Trieste e Pavia stanno portando avanti esperimenti scientifici a bordo delle missioni Dragon di SpaceX.
Dragon non è un giocattolo da miliardario: è una capsula capace di trasportare tonnellate di materiali alla Stazione Spaziale Internazionale, riducendo drasticamente i costi delle missioni. In pratica, un Tir orbitante. E dentro ci finiscono anche esperimenti italiani.
C’è LIDAL, dell’Università di Roma Tor Vergata, che misura le radiazioni cosmiche e riduce del 25% il rischio di esposizione per gli astronauti. Ma non solo: le stesse tecnologie trovano applicazione nelle terapie anticancro, dove proteggere le cellule sane è una sfida quotidiana.
Da Trieste arriva NutrISS, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana. L’obiettivo: studiare diete personalizzate per aumentare la forza muscolare degli astronauti del 15%. Se funziona lassù, può funzionare anche quaggiù, dove la fragilità muscolare degli anziani resta una delle principali cause di cadute e ricoveri.
Infine OVOSPACE, progetto dell’Università di Pavia, analizza l’invecchiamento delle cellule ovariche. I suoi biomarcatori, già testati in orbita, aumentano del 10-20% il successo dei trattamenti di fertilità. Quando si dice che dal cielo possono nascere nuove vite.
Dal 2012, SpaceX ha compiuto più di 40 missioni verso la ISS, tutte con successo. E ora anche la scienza italiana viaggia a bordo. In fondo, lo spazio è ancora l’unico laboratorio dove le leggi della fisica si mostrano senza trucco.
Musk, tra una Tesla e una polemica, continua a fare ciò che gli riesce meglio: spingersi oltre. A fine agosto, l’Italia ha firmato un accordo per permettere ai suoi scienziati di usare i razzi di SpaceX anche per esperimenti diretti su Marte.
Per una volta, quindi, non siamo solo spettatori delle altrui conquiste. I nostri ricercatori salgono davvero sul treno spaziale — o meglio, sul razzo — e dimostrano che anche un paese vecchio come l’Italia può guardare alle stelle. Purché non si perda, come spesso accade, nei moduli della burocrazia prima ancora di arrivare all’orbita bassa.