In via Duca degli Abruzzi, a Sassari, è nata la Stazione di Posta. Non un nome poetico, ma un’idea concreta: offrire un punto di riferimento a chi non ha più un indirizzo. È il nuovo presidio sociale del Comune, pensato per le persone senza dimora e per chi vive ai margini. Finanziato dal Pnrr, nell’ambito della missione Inclusione e Coesione, e gestito dal Gruppo Ali di Cagliari, il centro mira a un obiettivo semplice e difficile insieme: ricostruire vite.
L’assessora Lalla Careddu, intervenuta all’inaugurazione insieme al sindaco Giuseppe Mascia, ha spiegato che il progetto nasce per “garantire una presa in carico coordinata e continuativa delle persone più vulnerabili”. Tradotto: non solo un letto o una doccia, ma un percorso che ricucia pezzi di dignità.
Il sindaco Mascia ha ricordato i numeri di una realtà che non può far finta di nulla: nell’ambito che comprende Sassari, Porto Torres, Sorso e Stintino vivono oltre 1.100 persone senza fissa dimora e più di 7.700 famiglie ricevono sostegni al reddito. «Una città che vuole guardare avanti deve anche voltarsi indietro – ha detto –. Solo una comunità solidale può progettare il proprio futuro».
La Stazione di Posta è il tassello più recente di una rete che già comprende segretariato sociale, unità di strada, dormitori comunali e progetti di housing temporaneo. Ma qui l’accoglienza diventa anche orientamento: uno sportello gestito da psicologo, educatore e assistente sociale offre ascolto, indirizza ai servizi e aiuta chi non ha residenza a ottenerne una virtuale, indispensabile per accedere a diritti e prestazioni sanitarie.
Dentro, ci sono docce, lavanderia, guardaroba, deposito bagagli, bevande calde, mediazione culturale e linguistica, orientamento al lavoro e alla formazione. Non un centro assistenziale nel senso vecchio del termine, ma un piccolo laboratorio di reinserimento.
Una seconda sede, in via Frassetto, aprirà presto: avrà anche un dormitorio da sei posti per i casi più urgenti. L’assessora Careddu parla di una presa in carico di “circa novanta persone l’anno”, con un approccio che unisce aiuto materiale e accompagnamento educativo.
A guardarla da fuori, la Stazione di Posta è solo un edificio ristrutturato. Ma dietro quelle porte c’è l’idea più antica e difficile di tutte: restituire un nome e una possibilità a chi non ne ha più. E in tempi di indifferenza, è già un atto rivoluzionario — anche se non farà notizia quanto un taglio di nastro per una nuova rotonda.