La dermatite nodulare bovina preoccupa, ma non è ancora fuori controllo. I focolai in Sardegna ci sono, ma restano circoscritti. Il virus non si è ancora preso l’isola come accadde con la Blue Tongue. Ma se si continua così, è solo questione di tempo.
Secondo i dati raccolti dal Centro Studi Agricoli, su circa 292.000 capi presenti nell’isola, a oggi ne sono stati vaccinati appena 22.000. Meno dell’8%. Di questo passo ci vorranno oltre quattro mesi per completare l’intera mandria. Sempre che non ci si fermi prima.
La copertura, finora, ha riguardato perlopiù le grandi stalle da latte di Arborea, dove gli animali non escono mai. Il problema verrà dopo, quando toccherà alle mandrie brade e semi-brade, sparse in tutto il resto della Sardegna. Tempi lunghi, accessi difficili, organizzazione complicata. E intanto il virus potrebbe correre.
Ma c’è un altro ostacolo, ben più pesante: se non si raggiunge il 95% di capi vaccinati e almeno il 75% delle 9.000 aziende zootecniche coinvolte, la Sardegna resterà chiusa. Niente movimentazione fuori regione, niente mercato. Bovini bloccati, prezzi che crollano, stalle che scoppiano. E aziende che rischiano il fallimento.
Tore Piana non ci sta. Ex consigliere regionale e presidente del Centro Studi Agricoli, propone una via d’uscita concreta: «Serve un piano regionale di ammasso pubblico per i bovini pronti alla vendita ma impossibilitati a lasciare la Sardegna. Solo così potremo evitare il collasso del mercato e tutelare il reddito degli allevatori.»
Poi aggiunge due richieste precise:
Indennizzi economici equi per chi è rimasto fermo;
Tempi rapidi per l’erogazione, altrimenti si muore di burocrazia prima che di malattia.
E un avvertimento chiaro alla Regione:
«La dermatite nodulare si può contenere, ma non si può improvvisare. Serve visione, programmazione e rispetto per chi ogni giorno lavora per tenere in piedi la zootecnia sarda.»
Il tempo stringe. E le risposte non possono più aspettare.