Cizeta V16T: la leggenda dimenticata della supercar italiana a 16 cilindri

In un angolo poco conosciuto della Motor Valley italiana, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, nacque una delle supercar più folli mai progettate: la Cizeta V16T. Un progetto ambizioso, nato dall’unione tra Claudio Zampolli, ex ingegnere Lamborghini, e Giorgio Moroder, celebre musicista e produttore discografico. 
Claudio Zampolli, modenese con un passato tecnico presso Lamborghini e una nuova vita negli Stati Uniti, coltivava un sogno personale: creare una supercar tutta sua. Dopo aver gestito con successo officine specializzate in vetture esotiche in California, Zampolli decise che era arrivato il momento di costruire l’auto perfetta secondo la sua visione. A supportarlo in questa impresa improbabile fu Giorgio Moroder, appassionato di automobili e celebre per aver composto hit mondiali. La società nacque nel 1988 con il nome Cizeta-Moroder, unendo le iniziali di Zampolli ("C.Z.") con il cognome del produttore musicale. La sede fu stabilita a Modena, nel cuore dell’industria automobilistica italiana.

Per il design, Zampolli si rivolse al grande Marcello Gandini, noto per aver disegnato capolavori come la Lamborghini Miura, la Countach e la Lancia Stratos. All’epoca Gandini era in rotta con Lamborghini: il suo progetto originale per la nuova Diablo era stato edulcorato dagli americani della Chrysler. Così, Gandini offrì quel design “rifiutato” a Cizeta. Ecco perché, contrariamente a quanto si pensa, fu la Diablo a derivare dalla Cizeta, e non il contrario. L’auto si presentava con un look estremo: quattro fari a scomparsa, carrozzeria bassissima, proporzioni spaventose. Ma ciò che la rendeva davvero unica era sotto il cofano. La Cizeta V16T montava un motore mai visto prima: un 6.0 litri V16, ottenuto combinando due V8. Il propulsore era posizionato trasversalmente, una rarità assoluta in una supercar. La potenza era esagerata per l’epoca: oltre 540 CV, abbinati a una trasmissione manuale a 5 rapporti e trazione posteriore.

All’interno, lusso e dettagli artigianali si mescolavano con componenti presi da auto comuni: bocchette della Lancia Thema, pulsanti Fiat. Una scelta curiosa, che però testimoniava il carattere “ibrido” della vettura: tra sogno di alta gamma e realtà di un’officina semi-industriale.

La presentazione ufficiale avvenne nel 1988 a Beverly Hills. L’auto attirò attenzioni da tutto il mondo, ma i problemi non tardarono ad arrivare. I costi di sviluppo esplosero e i ritmi di produzione non furono mai quelli previsti. Doveva essere prodotta a una vettura al mese; ne uscirono solo 12 unità tra il 1991 e il 1995, compreso il primo prototipo bianco. Giorgio Moroder abbandonò il progetto nel 1990, portando con sé il proprio nome e lasciando Zampolli da solo alla guida della neonata Cizeta Automobili. Il prezzo? Oltre 550.000 dollari per l’epoca: una cifra che tagliava fuori anche molti collezionisti. Dopo il fallimento dell’azienda in Italia, Zampolli trasferì tutto in California, dove continuò ad assemblare su ordinazione. Furono costruiti altri due esemplari: uno nel 1999 e un rarissimo Spider nel 2003, commissionato da un cliente giapponese. La Cizeta Fenice TTJ Spider fu l’ultimo esemplare mai realizzato.

Sebbene il sito della casa rimanesse online fino al 2018, non furono più costruite nuove vetture. Claudio Zampolli, che aveva creduto in questo sogno fino in fondo, è venuto a mancare nel luglio del 2021, all’età di 82 anni. Oggi, il nome Cizeta potrebbe tornare in vita grazie a un imprenditore italiano, Antonio Mandelli, attivo nel settore del lusso in Germania, che ha rilevato ciò che restava dell’azienda con l’intenzione di rilanciare il marchio. L’obiettivo? Produrre una Cizeta V16T moderna, sempre con un motore termico V16 dotato di quattro turbocompressori, una scelta che sfida l’era delle hypercar elettriche.

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