In un’Italia dove le sigle spesso ingombrano più delle cose che rappresentano, il RUNTS – Registro Unico del Terzo Settore – è una di quelle che rischiavano di finire tra i tanti acronimi benedetti dalle riforme e poi lasciati a se stessi. Non in Sardegna, almeno per ora.
Con una deliberazione silenziosa ma sostanziale, la Giunta regionale ha approvato la programmazione dell’utilizzo delle risorse statali previste dall’articolo 53 del Codice del Terzo Settore, già trasferite per gli anni 2023 e 2024. Parliamo di cifre tutt’altro che simboliche: 476.809 euro per il 2023 e 451.405 euro per il 2024, a cui si aggiunge la rimodulazione – strategica, e per certi versi salvifica – delle somme residue del triennio 2018-2020, che altrimenti sarebbero tornate mestamente al mittente, cioè allo Stato.
«L’obiettivo principale è il rafforzamento amministrativo dell’Ufficio regionale del RUNTS, necessario per garantire il proseguimento delle attività», ha dichiarato l’assessore alla Sanità, Armando Bartolazzi. Non una rivoluzione, ma un gesto di buon senso. E di questi tempi, vale oro.
Il RUNTS in Sardegna è affidato alla Direzione Generale delle Politiche Sociali, in particolare al Servizio Terzo Settore. È qui che si gestiscono le risorse e si portano avanti le funzioni che la legge ha stabilito: iscrizioni e cancellazioni, deposito di atti, accertamenti delle cause di scioglimento degli enti, verifica dei requisiti. Tutti compiti che richiedono personale qualificato, continuità amministrativa e strumenti adeguati. Tutte cose che – come si sa – non si improvvisano.
«Finora l’Ufficio ha operato con dotazioni di organico sottodimensionate, che occorre implementare per garantire l’avvio delle nuove funzioni previste dal Codice del Terzo Settore», ha spiegato Bartolazzi. Da qui la decisione di utilizzare parte dei fondi anche per convenzioni, consulenze, formazione del personale. In breve: per far funzionare davvero un Registro nato con l’ambizione di rendere trasparente e ordinato un mondo – quello del Terzo Settore – che troppo a lungo ha vissuto tra le pieghe della buona volontà e della burocrazia.
La Regione, almeno su questo fronte, ha scelto di non restare alla finestra. Le risorse ci sono, la macchina si muove, l’ufficio – si spera – seguirà. Non è cosa da poco. In un Paese dove si parla troppo e si fa poco, utilizzare bene ciò che già si ha è forse la più concreta delle riforme.