Sandro Arzu è morto come ha vissuto: inseguendo l’ombra, sfuggendo alla luce. Cinquantasei anni, una vita segnata da condanne, latitanze, silenzi e sangue. Ha deciso di uscire di scena ieri, nel carcere di Uta, dove si trovava recluso dallo scorso 26 maggio. Si è tolto la vita nella sua cella, ponendo fine a una parabola criminale iniziata oltre trent’anni fa ad Arzana.
Era stato arrestato a Cagliari dopo due anni di irreperibilità. Dal marzo 2023, quando si era dileguato inscenando perfino il proprio omicidio, si era nascosto tra i vicoli e le periferie del capoluogo sardo. Aveva assunto un’altra identità, un altro volto, un altro passato. Ma il presente, come spesso accade, lo ha raggiunto. Era accusato di aver ucciso, nel luglio scorso, Beniamino Marongiu. Un omicidio nel cuore di Arzana, forse legato a rancori mai sopiti. Vecchie storie di paese che non si sono mai estinte.
Ma la storia di Sandro Arzu non inizia con questa accusa. Per trovarne l’inizio bisogna tornare alla sera di Santo Stefano del 1990. È via Sardegna, ad Arzana. C’è folla, si passeggia. Bruno Ferrai, giovane meccanico, viene freddato a colpi di pistola. È un’esecuzione in pieno centro. I colpevoli, secondo la Corte d’assise di Lanusei, sono due fratelli: Sandro e Luca Arzu. Ventuno e diciannove anni. Il movente: vendetta.
Il padre, Pietro Arzu, macellaio conosciuto e stimato, era stato assassinato l’anno prima sulla strada di Orgiolaonniga, mentre tornava a casa. I figli non avevano mai creduto alle indagini ufficiali. Così, in quella sera di dicembre, fecero giustizia a modo loro. Sandro fu condannato a 26 anni di carcere.
Da allora, la sua esistenza è stata un continuo passaggio fra la detenzione e la latitanza. Fino all’ultimo atto, scritto in una cella del carcere di Uta, senza testimoni né clamore. Un suicidio che chiude, forse per sempre, una delle storie criminali più cupe e intricate dell’Ogliastra.
La giustizia farà ora il suo corso per l’omicidio Marongiu. Ma l’uomo che avrebbe potuto fornire risposte non parlerà più. E così, anche questa volta, sarà il silenzio a vincere.