Ci sono giornate in cui il ciclismo si ricorda di essere ancora quello sport
romantico e imprevedibile che ha fatto sognare generazioni di appassionati.
La quindicesima tappa della Vuelta, da A Veiga a Monforte de Lemos, è una
di quelle. Centosessanta chilometri di fuga, trenta uomini in avanscoperta,
montagne galiziane che fanno da cornice a una battaglia epica conclusa con
la vittoria di Mads Pedersen, il danese del Lidl-Trek che dimostra ancora una
volta di essere un finisseur di razza.
La corsa prende il volo già ai primi chilometri, quando Jakub Otruba della
Caja Rural decide che la giornata è troppo bella per lasciarla scappare. Il
ceco si prende qualche metro di margine e subito la gara si infiamma. È il
segnale che tutti aspettavano: oggi si fugge, oggi si fa la corsa vera, quella
che piace agli uomini di fatica e ai sognatori.
Dal gruppo principale partono a ondate successive i primi inseguitori. Prima
Gijs Leemreize del Team Picnic PostNL, poi un drappello di qualità con Jay
Vine, Mads Pedersen, Javier Romo, Gianmarco Garofoli e Lukas Nerurkar. È
l'inizio di un valzer che vedrà coinvolti alla fine trentadue corridori, una
selezione di tutto rispetto che comprende nomi importanti come Michal
Kwiatkowski, Egan Bernal, Giulio Ciccone e Santiago Buitrago.
Il Puerto a Garganta, prima categoria, fa la sua prima selezione. Vine,
l'australiano dell'UAE Team Emirates, dimostra le sue qualità di scalatore
transitando per primo e prendendosi dieci punti preziosi per la classifica della
montagna.
Ma è solo l'antipasto di quello che accadrà sull'Alto de Barbeitos,
dove la fuga si frantuma definitivamente.
Ed è proprio qui che nasce la mossa vincente della giornata. Vine e Louis
Vervaeke della Soudal Quick-Step decidono che è il momento di provare il
tutto per tutto. I due si staccano dal gruppone dei fuggitivi e iniziano
un'avventura in solitaria che li porterà a guadagnare fino a tre minuti sui più
immediati inseguitori. Dietro, la Lidl-Trek di Pedersen non può che seguire,
sapendo che il proprio capitano ha le carte in regola per giocarsi la vittoria
allo sprint.
Il plotone principale, intanto, sembra aver deciso di prendersi una giornata di
vacanza tra i paesaggi mozzafiato della Galizia. Jonas Vingegaard, saldo
nella sua maglia rossa con quarantotto secondi di margine su João Almeida,
controlla senza affanno insieme ai suoi uomini del Team Visma. Il vantaggio
dei fuggitivi lievita fino a toccare i quattordici minuti, cifra che garantisce
matematicamente che la vittoria di tappa si giocherà tra chi ha avuto il
coraggio di andare all'attacco.
Gli ultimi quaranta chilometri sono un crescendo di emozioni. Il duo Vine-
Vervaeke comincia a pagare lo sforzo e dietro si organizza la caccia. È Mads
Pedersen a prendere in mano le redini dell'inseguimento, il danese sa che
questa è la sua occasione e non può permettersi di lasciarla sfuggire. Con lui
ci sono corridori di primo piano: Orluis Aular del Movistar, Egan Bernal,
Santiago Buitrago, Magnus Sheffield, Edward Dunbar e Marco Frigo.
Il ricongiungimento avviene a sette chilometri dal traguardo, quando il
gruppetto Pedersen raggiunge i due battistrada. È il momento della verità,
quello in cui si capisce chi ha ancora qualcosa da dire e chi invece ha dato
tutto quello che aveva. Bernal prova subito un allungo, ma Pedersen è vigile
e chiude immediatamente. Il danese sa che la sua arma migliore è la velocità
di punta e non può permettere fughe solitarie.
Gli ultimi chilometri sono un continuo gioco di sguardi e tatticismi. Vervaeke ci
prova a tre chilometri e mezzo dal traguardo, ma ancora una volta Pedersen
è pronto a rispondere. Poi è Vine a tentare l'affondo decisivo, ma anche
l'australiano deve arrendersi alla marcatura asfissiante del danese.
Ultimo chilometro, tutti sanno che si andrà allo sprint. Pedersen si porta in
testa, posizione scomoda per un velocista che preferirebbe poter sfruttare la
scia altrui. Ma il danese ha carattere da vendere e quando Marco Frigo prova
l'anticipo a duecento metri dal traguardo, ecco che il campione del mondo
2019 tira fuori dal cilindro una progressione devastante.
La volata è una questione di metri, anzi di centimetri. Orluis Aular, il
venezuelano del Movistar, prova a portarsi alla pari con Pedersen, ma il
danese ha ancora qualcosa in più. La ruota posteriore della sua bicicletta
taglia per prima il traguardo di Monforte de Lemos, suggellando una vittoria
che vale molto più dei dieci secondi di abbuono conquistati.
Dietro di lui Aular si deve accontentare del secondo posto e dei sei secondi di
bonificazione, mentre Marco Frigo chiude il podio precedendo Buitrago,
Dunbar e un redivivo Egan Bernal. Jay Vine, l'uomo che aveva fatto sognare
con la sua fuga solitaria, deve accontentarsi dell'ottavo posto, pagando nei
metri finali lo sforzo di una giornata condotta sempre in prima linea.
Il plotone principale arriva con oltre tredici minuti di ritardo, confermando che
questa era davvero la giornata dei fuggitivi. Jonas Vingegaard taglia il
traguardo tranquillo in mezzo ai suoi compagni, sapendo che la sua maglia
rossa non ha corso alcun pericolo. Il norvegese guida sempre la classifica
generale con quarantotto secondi su Almeida e quasi tre minuti su Tom
Pidcock, in una generale che sembra sempre più nelle sue mani.
Ma oggi la vera protagonista è stata la fuga, quella vecchia e sempre
affascinante tattica che ricorda le origini più pure del ciclismo. Trentadue
uomini che per centosessanta chilometri hanno sognato la gloria, e alla fine
uno solo, Mads Pedersen, che è riuscito a trasformare il sogno in realtà. Con
la forza pura di chi prima fatica come un dannato per rimontare e poi, quando
conta davvero, sa tirare fuori dal cilindro una progressione che non ammette
repliche. Oggi ha vinto il più forte, semplicemente.