La Grande Boucle muove appena i primi passi sul selciato del Nord quando già si respira l'aria delle
grandi battaglie. A Boulogne-sur-Mer, dopo 209 chilometri di autentico calvario sotto la pioggia
normanna, Mathieu van der Poel ricorda al mondo intero perché porta sulle spalle il peso del proprio
talento. L'olandese dell'Alpecin-Deceuninck brucia tutti nello sprint che decide la seconda frazione
del Tour 2025, riprendendosi quella maglia gialla che Jasper Philipsen aveva conquistato appena
ventiquattro ore prima.
Ma prima ancora che i corridori si lancino nella battaglia finale, la giornata mostra già il volto più
controverso del ciclismo moderno. Nella notte, undici biciclette sono state rubate alla Cofidis, un
episodio che fortunatamente non compromette la partecipazione della squadra francese grazie alla
vicinanza della sede nel Nord della Francia. Un problema risolto, ma che getta un'ombra sinistra sulla
vigilia di una tappa già complicata dalle previsioni meteorologiche.
Il vero dramma, però, si consuma a trenta chilometri dal traguardo, quando la superficialità di uno
spettatore rischia di trasformare una festa in tragedia. Jonathan Milan, lanciato nella sua
progressione verso le prime posizioni, urta violentemente il telefono di un tifoso che con incosciente
maleducazione lo tiene proteso sulla carreggiata. La caduta del corridore italiano, coinvolgendo
anche il veterano Geraint Thomas, causa una momentanea spaccatura del gruppo in due tronconi,
ma la situazione si ricompone rapidamente lasciando solo alcuni ritardatari a inseguire. L'episodio
accende però i riflettori su un problema che il ciclismo conosce fin troppo bene: l'irresponsabilità di
certi spettatori che trasformano la loro passione in pericolo per gli atleti.
È l'ennesimo episodio di una giornata nata sotto cattivi auspici. La pioggia costringe gli organizzatori
a posticipare la partenza di un quarto d'ora, mentre i corridori scivolano sui primi chilometri come
pattinatori inesperti. La fuga di giornata - composta da Bruno Armirail, Yevgeniy Fedorov, Brent Van
Moer e Andreas Leknessund - fatica a prendere il volo, tenuta costantemente sotto controllo da un
plotone nervoso che sente nell'aria il profumo della battaglia.
I quattro battistrada danzano per oltre centocinquanta chilometri sotto un cielo plumbeo, alternando
momenti di speranza a cadute rovinose. Fedorov e Leknessund finiscono a terra in una curva
insidiosa, mentre le forature si moltiplicano come funghi dopo la pioggia. Tim Merlier, Tobias Foss,
Tim Wellens: uno dopo l'altro, i corridori si fermano ai bordi della strada per cambiare ruote, in una
danza macabra che caratterizza gran parte della frazione.
Il gruppo tiene sempre sotto controllo la situazione, con Alpecin-Deceuninck e Intermarché-Wanty
che si alternano in testa per dettare il ritmo. Al traguardo volante, quando ormai la fuga è
condannata, Fedorov riesce a spuntarla su Leknessund, ma dietro scoppia la bagarre tra i velocisti:
Girmay, Merlier, Philipsen si danno battaglia, con Milan che vince la volata ma scatena anche
discussioni animate con i rivali.
Ma è quando le côtes del finale iniziano a mordere che la corsa mostra il suo vero volto.
Il primo
sussulto arriva sul GPM di terza categoria a nove chilometri dal traguardo, quando Jorgenson prova
l'attacco ma viene immediatamente fermato da Pogacar. Come mosse di scacchi, Jonas Vingegaard
e Mathieu van der Poel rispondono presente, mentre Remco Evenepoel si attacca al trenino dei
fenomeni. In sei - con l'aggiunta di Romain Grégoire - staccano il gruppo, lasciando Philipsen a
inseguire con il fiato corto e la maglia gialla che già scivola via dalle spalle.
Pogacar passa per primo al GPM conquistando la leadership della classifica scalatori, ma il vero
spettacolo deve ancora iniziare. Kévin Vauquelin tenta il forcing in discesa, Evenepoel risponde ma
non rilancia, van der Poel aspetta. Quando Primož Roglic rientra con il suo drappello, sono una
ventina i corridori che si giocano la vittoria. Vauquelin riprova e conquista l'ultimo GPM, poi a cinque
chilometri dal traguardo Vingegaard piazza l'accelerazione decisiva con Pogacar ed Evenepoel che
lo seguono come ombre.
L'ultimo chilometro si trasforma in un ring senza esclusione di colpi. Jorgenson rilancia con Vanquelin
e Lutsenko, dietro Almeida tenta di ricucire, ma i tre battistrada commettono l'errore fatale in curva e
vengono raggiunti e superati dal gruppo dei migliori. È dopo un breve rilancio dell’azione da parte di
Lipowitz che van der Poel decide di fare van der Poel: parte a -597 metri lo sprint lungo di quella
progressione che sembra sfidare le leggi della fisica, nessuno sa rispondere. Nemmeno Pogacar,
che pure si porta alla sua ruota, trova la forza per contrastare il fenomeno olandese.
Sul traguardo di Boulogne-sur-Mer, van der Poel taglia il tragurdo con le braccia al cielo e il sorriso di
chi sa di aver ritrovato se stesso. Alle sue spalle, Pogacar deve accontentarsi del secondo posto,
mentre Vingegaard completa un podio che sa di antipasto per le battaglie che verranno.
La nuova classifica generale racconta di una corsa già in fibrillazione: van der Poel comanda con
quattro secondi su Pogacar e sei su Vingegaard, mentre Philipsen scivola al settimo posto, pagando
un ritardo che in questo Tour potrebbe costare caro.
Ma al di là dei distacchi e delle posizioni, questa seconda tappa scrive già la prima pagina di una
Grande Boucle che promette grandi sfide. E ricorda a tutti - corridori, organizzatori e spettatori - che il
ciclismo è sport di passione, ma anche di responsabilità. Perché un telefono tenuto male può
trasformare un sogno in incubo, e certe lezioni vanno imparate prima che sia troppo tardi.