Il Giorno del Gregario: Carlos Verona e la Poesia della Libertà nella 15ª Tappa del giro 2025

  Il sole di questa domenica primaverile ha illuminato una delle pagine più intense del Giro d'Italia 2025, quella scritta sulle strade venete che da Fiume Veneto conducono ad Asiago attraverso 219 chilometri di pura epica ciclistica. Una tappa che portava nel nome stesso la promessa dell'avventura: 3930 metri di dislivello, tre salite che avrebbero fatto da giudici imparziali, e quella pendenza massima del 14,1% sul Monte Grappa, montagna sacra del ciclismo italiano, pronta a separare i forti dai fortissimi. Ma la giornata si è aperta con una notizia che ha gelato il cuore degli appassionati: Giulio Ciccone, l'abruzzese dalle gambe d'acciaio e dal cuore grande, ha dovuto alzare bandiera bianca. La caduta di ieri, che lo aveva estromesso dalla lotta per la classifica generale, aveva lasciato strascichi troppo pesanti da sopportare. Il campione della Lidl-Trek ha dovuto inchinarsi al dolore, privando il Giro di una delle sue anime più pure. Proprio dalla squadra di Ciccone sarebbe arrivata, però, la risposta più bella a questa amarezza. Carlos Verona, trentadue anni, spagnolo di Toledo, gregario di professione e di vocazione, si è ritrovato improvvisamente libero dai doveri che la gerarchia di squadra impone. Con il suo capitano ritirato e l'altro leader di riferimento, un velocista senza speranze sulle montagne che attendevano il gruppo, Verona ha potuto finalmente correre per se stesso, per quella vittoria che ogni corridore sogna almeno una volta nella vita. La corsa ha seguito i canoni classici delle tappe adatte alle fughe. I primi tentativi di evasione si sono susseguiti senza fortuna nei chilometri iniziali, ma quando finalmente la mossa giusta si è materializzata, trentasei uomini sono riusciti a prendere il largo, creando una fuga che ha ridisegnato completamente gli equilibri della tappa. Il Monte Grappa ha fatto la prima selezione importante. Lorenzo Fortunato ha conquistato la vetta, ma è stata la discesa a cambiare definitivamente le sorti della giornata. Marco Frigo si è involato verso valle e per molti chilometri ha tenuto testa agli inseguitori, ma il finale era scritto nelle stelle per Carlos Verona. Lo spagnolo ha saputo dosare le forze, rimanere lucido quando altri si sono consumati negli attacchi precipitosi, e nel momento giusto ha piazzato l'affondo decisivo. Sulle rampe del GPM di Dori, classificato di seconda categoria ma non per questo meno selettivo, Verona ha fatto il vuoto alle sue spalle. Da quel momento, la sua corsa è diventata una fuga verso il destino. Gli ultimi chilometri sono stati un assolo commovente. Verona, pedalata dopo pedalata, ha costruito un vantaggio che nessuno è più riuscito a colmare. Dietro di lui si agitava un gruppo di inseguitori - Stork, Scaroni, Bardet - ma lo spagnolo aveva ormai spiegato le ali della libertà. Quella libertà che solo un gregario senza più obblighi tattici può permettersi di assaporare. La vittoria di Verona, arrivata dopo 5 ore, 15 minuti e 41 secondi di corsa, è stata accolta con un'emozione particolare. Forse il pensiero è corso al compagno di squadra costretto al ritiro, a quel Ciccone che avrebbe meritato di essere lì a lottare per le posizioni che contano. Ma il ciclismo è anche questo: saper trasformare la delusione in energia, il dolore in motivazione. Dietro al vincitore, la classifica generale ha vissuto momenti di alta tensione che potrebbero rivelarsi decisivi per l'economia generale del Giro. Isaac Del Toro, giovane maglia rosa, ha mostrato carattere e classe cristallina nel rispondere personalmente a ogni singolo attacco sferrato dai big della generale. Quando Egan Bernal ha accelerato sui pendii del Monte Grappa, Del Toro era lì. Quando Richard Carapaz ha rilanciato l'azione con la foga del campione olimpico, il messicano non si è fatto sorprendere. E quando Derek Gee e Simon Yates hanno tentato le loro sortite, la maglia rosa ha risposto presente, pedalata dopo pedalata. Ma c'è un'altra chiave di lettura in questa prestazione del leader: Del Toro non si è limitato a controllare, ha anche attaccato. Ha spinto forte, durissimo, per guadagnare ulteriori secondi su Primož Roglic, ormai relegato in un gruppo più attardato. 

  Una strategia aggressiva che ha pagato dividendi immediati - lo sloveno ha perso altro terreno prezioso - ma che solleva interrogativi cruciali sul futuro. Simon Yates e Juan Ayuso lo inseguono ora rispettivamente a 1'20" e 1'26", distacchi che testimoniano l'efficacia della sua corsa, mentre Richard Carapaz ha guadagnato una posizione importante portandosi al quarto posto. La domanda che aleggia nell'aria delle Dolomiti è però una sola: questa generosità tattica, questa prodigalità di energie spese per rispondere a tutti e per infierire sui più deboli, non presenterà il conto nella terza settimana? Il Giro si decide spesso negli ultimi giorni, quando le vere montagne, quelle che non perdonano, metteranno alla prova le gambe ormai logore di due settimane di battaglia. E se oggi Roglic ha pagato un minuto e mezzo di dazio, le crisi che potrebbero materializzarsi sui pendii decisivi della terza settimana potrebbero costare ben altri minuti, ribaltando equilibri che oggi sembrano consolidati. Del Toro ha dimostrato di avere il carattere del campione e la forza del predestinato, ma forse anche l'inesperienza della gioventù che non conosce ancora l'arte del risparmio. Il Giro d'Italia, questa meravigliosa e crudele signora vestita di rosa, è ancora tutto da scrivere. I distacchi attuali potrebbero rivelarsi illusori quando arriveranno le salite che fanno la storia, quelle dove si separano per sempre i sogni dalla realtà. Il grande sconfitto di giornata è stato Primož Roglic, il campione sloveno che continua a pagare pegno alle montagne italiane. Il corridore della Red Bull-Bora-Hansgrohe ha perso ulteriore terreno, scivolando al decimo posto della generale a 3'53" dalla vetta. Un ritardo che comincia a diventare preoccupante per chi puntava a essere protagonista nella corsa rosa. Ma oggi, in fondo, era il giorno di Carlos Verona. Il giorno in cui un gregario ha smesso i panni dell'operaio per indossare quelli del protagonista. Il giorno in cui la strada ha premiato chi ha saputo aspettare, soffrire in silenzio, e nel momento giusto ha avuto il coraggio di credere nei propri sogni. Così si è chiusa la quindicesima tappa del Giro d'Italia 2025: con il sorriso di un uomo che per una volta ha corso solo per sé stesso, e con la consapevolezza che il ciclismo continua a regalare emozioni che vanno ben oltre il semplice risultato sportivo. Perché quando un gregario vince, vincono un po' tutti quelli che credono ancora nella bellezza del sacrificio quotidiano e nella magia dell'impresa impossibile.

Sport

Basket MSP: Settimo ed Ellebi Aurora conquistano i titoli maschili Open
Tra domenica e lunedì sono stati assegnati gli ultimi due titoli stagionali MSP di pallacanestro, entrambi relativi alla categoria Open Maschile. Il titolo Gold è andato al Basket Settimo "A" di coach Marco Chessa, protagonista di una stagione straordinaria: 20 vittorie su 20 partite nella regular season, conclusa da imbattuta. L’unico passo fal...

Completo: a Tanca Regia vittorie di Dettori, Manca, Spissu e Serra
Tre giornate di bel tempo e con percorsi spettacolari nell'impianto di Tanca Regia (Abbasanta) hanno contraddistinto il Concorso Nazionale di Completo organizzato dall'Asvi, l'agenzia regionale di Sviluppo e Valorizzazione ippico. Il Completo, disciplina che si svolge sulle prove di dressage, salto ostacoli e cross country, è particolarmente ind...