Quando la Pioggia Diventa Regina: La 14ª Tappa che ha consegnato la vittoria a Kasper Asgreen e ridisegnato il Giro 2025

Nova Gorica - Il cielo plumbeo che incombeva minaccioso sui 195 chilometri da Treviso ha mantenuto la sua promessa di scompiglio. In una frazione che sulla carta doveva essere l'ennesimo teatro per i velocisti, la natura ha deciso di scrivere un copione diverso, consegnando a Kasper Asgreen una vittoria tanto inaspettata quanto meritata, e soprattutto stravolgendo una classifica generale che sembrava già delineata. La giornata inizia con il copione consueto delle tappe pianeggianti: Enzo Paleni si lancia all'attacco dal chilometro zero, seguito due minuti dopo da Dries De Bondt. È l'inizio di una danza che vedrà alternarsi tentativi di fuga e ricompattamenti, con il gruppo che fatica a trovare la formula giusta per gestire una corsa che, almeno nelle prime battute, segue i canoni della normalità. Il primo tentativo importante coinvolge una quindicina di corridori tra cui spiccano nomi come Quinten Hermans, Wout van Aert e lo stesso Asgreen, ma il gruppo reagisce prontamente e dopo pochi chilometri tutto si ricompone. È però Asgreen a non arrendersi: a centosettatré chilometri dal traguardo ci riprova, raggiunto da Mirco Maestri e poi da altri tre corridori. Si forma così il quartetto vincente con Clément Davy, Louis Meintjes e Martin Marcellusi che si riagganciano ai due battistrada. Quando Meintjes viene richiamato dalla propria ammiraglia, rimangono così in quattro a giocarsi le sorti della tappa. È però quando il cielo decide di aprire le sue cateratte che la corsa cambia volto. A centosei chilometri dal traguardo, la pioggia arriva "possente", come annota la cronaca, e con essa si riaccendono i fantasmi delle cadute rovinose delle tappe precedenti. Il gruppo rallenta, prudente, mentre i ricordi delle scivolate sui bagnati diventano più concrete delle tattiche di corsa. Il contrasto tra le maglie colorate dei corridori e il cielo plumbeo offre uno spettacolo suggestivo, ma dietro quella bellezza si nasconde l'insidia che cambierà il destino di molti. I fuggitivi, ridottisi nel frattempo a quattro unità - Asgreen, Mirco Maestri, Clément Davy e Martin Marcellusi - navigano in acque relativamente calme, gestendo un vantaggio che oscilla attorno al minuto e mezzo. Quando spunta un "timidissimo sole" a sessantasette chilometri dall'arrivo, sembra che la natura voglia concedere una tregua. Ma è solo l'illusione di un momento: la pioggia tornerà, più subdola e decisiva di prima. E sarà proprio nei momenti più delicati della corsa che mostrerà i suoi artigli più affilati. L'ascesa al GPM di Goniace/San Martino, quarta categoria che sulla carta non doveva spaventare nessuno, diventa il primo teatro dello spettacolo. Asgreen accelera, il vantaggio cresce, e nel gruppo si inizia a respirare un'aria diversa. Ma il vero dramma si consuma a ventidue chilometri dal traguardo, quando la strada bagnata presenta il conto più salato. La caduta che coinvolge "almeno 7 o 8 corridori" non è solo un incidente di percorso: è il momento che spezza in due il Giro 2025. Mads Pedersen, uno dei favoriti per la vittoria di tappa, finisce sull'asfalto insieme a nomi pesanti come Giulio Ciccone e Pello Bilbao. Ma è soprattutto il messicano dell'UAE, Isaac Del Toro, a leggere meglio di tutti gli altri questo momento cruciale. Mentre il gruppo si frantuma in tre tronconi distinti, Del Toro si trova nel gruppetto giusto, quello che conta, insieme a Simon Yates. Dietro, in un secondo gruppo, restano intrappolati campioni del calibro di Primož Roglic ed Egan Bernal. Ancora più indietro, Juan Ayuso e Antonio Tiberi pagano dazio a una giornata che non perdona. Davanti, intanto, Kasper Asgreen scrive la sua pagina di gloria. A cinque chilometri e seicento metri dal traguardo, il danese dell'EF Education si invola da solo, trasformando quello che doveva essere uno sprint di gruppo in una cavalcata solitaria verso una vittoria che sa di impresa. Quattordici secondi di vantaggio che diventano eternità, mentre alle sue spalle il gruppo maglia rosa si organizza per limitare i danni. Van Aert, dopo aver fatto il gregario di lusso per tutta la giornata, perde il contatto negli ultimi duemila metri, simbolo di una tappa che ha stravolto ogni previsione. Asgreen taglia il traguardo con sedici secondi di margine vincendo la tappa contro ogni pronostico, proprio mentre dietro la curva spunta il gruppo che sprinta per le posizioni d'onore. Ma è la classifica generale a raccontare la vera storia di questa giornata. Isaac Del Toro non solo mantiene la maglia rosa, ma la rafforza in modo decisivo. Simon Yates resta secondo a un minuto e venti, mentre Juan Ayuso si ritrova terzo a un minuto e ventisei secondi. Richard Carapaz sale al quarto posto a due minuti e sette secondi, mentre Primož Roglic scivola al quinto a due minuti e ventitre. Il vero terremoto lo subisce Antonio Tiberi, che precipita all'ottavo posto a tre minuti e due secondi, superato anche da Derek Gee e Damiano Caruso. Giulio Ciccone, vittima illustre della caduta, chiude la sua giornata da incubo con un ritardo di oltre sedici minuti, dicendo addio a ogni velleità di classifica. Il corridore della Lidl-Trek taglia il traguardo in 168ª posizione e deve sottoporsi a controlli medici con ecografia, segno delle conseguenze fisiche di una caduta che ha compromesso non solo la sua classifica ma anche le sue condizioni fisiche. Nel frattempo, davanti, il gruppo dei primi combatte ancora per secondi preziosi. Questa quattordicesima tappa ha dimostrato ancora una volta come il Giro d'Italia sappia riservare sorprese quando meno te le aspetti. Una frazione che doveva essere routine per i velocisti si è trasformata in un crocevia decisivo per la classifica generale, ricordando a tutti che nel ciclismo, come nella vita, è spesso quando pensi di avere tutto sotto controllo che il destino decide di rimescolare le carte. La pioggia, protagonista inattesa di questa giornata slovena, ha scritto una pagina indelebile nell'albo d'oro di questo Giro 2025, consegnando a Del Toro una leadership ancora più salda e dimostrando che in corsa, come sotto un cielo minaccioso, bisogna sempre essere pronti a tutto.

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