Nucleare pulito in Sardegna? No grazie

Quanto dichiarato dalla nostra governatrice Todde a proposito di nucleare pulito, la dice lunga su cosa stia per catapultarsi in Sardegna. La protesta popolare, più che la politica, sta rallentando, e talvolta impedendo, che la nostra isola si trasformi in un bosco di pale eoliche, alberi di oltre 30 metri che crescono anche nell’acqua salata del mare. Oppure che i pascoli si trasformino in ettari e ettari di pannelli solari, tanto da chiedersi se sia una fortuna avere un’isola soleggiata. L’operazione, non nascondiamocelo, è quella di trasformare la Sardegna in una servitù energetica, perché tutta l’energia prodotta sarà trasferita altrove. Di conseguenza quella che per altri è energia pulita, per noi è deturpazione del paesaggio, fonte di inquinamento ad impianti dismessi, sottrazione di territorio per attività più congeniali alle nostre vocazioni produttive, incluso il turismo. Disturba che molti comuni, se non tutti, siano contrari a questa occupazione. Il che implica dover contrattare con le popolazioni di quei territori la possibilità o meno di realizzare gli impianti, e questo per gli speculatori è un problema fastidiosissimo. Ecco quindi che arriva la trovata geniale, sicuramente sponsorizzata dalle lobby dell’energia: il nucleare pulito! Quello che fa difetto è che la Todde si sia schierata totalmente a favore, mentre per questioni del genere un atteggiamento più prudente sarebbe non solo più consono al ruolo ma addirittura obbligato. L’insistenza sulla questione energetica fa dubitare a proposito di pressioni esterne molto forti, che la politica dovrebbe controllare, valutare, discutere, oltre a lasciare la decisione finale agli organi preposti, che nel caso specifico non può non essere un deliberato del consiglio regionale e non la boutade della Todde. Entrando nello specifico: i sardi sono a malapena un milione e mezzo di abitanti ma andrebbero a produrre energia per mezza Italia, senza averne alcun vantaggio, neppure sul costo della bolletta. Il nucleare pulito è un eufemismo, perché di pulito nel nucleare esiste ben poco. Si dovrà decidere, per esempio, il destino delle scorie radioattive, il deposito sicuro dove accatastarle per secoli. E così abbiamo risolto anche il dilemma di dove posizionare il Deposito Unico Nazionale dei Rifiuti Radioattivi, in Sardegna ovviamente! Già questo aspetto ci dovrebbe mettere in allarme, considerato che la nostra isola è raramente interessata da terremoti o altri cataclismi naturali. Il rischio non è solo il reattore nucleare sotto casa ma quello di diventare la pattumiera dei rifiuti radioattivi, a partire da quelli prodotti dalle vecchie centrali nucleari italiane dismesse. Ammettiamo che si cominci a costruire la nuova centrale nucleare sarda già da domani. Essa non sarà conclusa prima di 10-15 anni, andando tutto bene. Arriviamo al 2035 o al 2040, come minimo, cioè in un altro mondo, dove magari la tecnologia è in grado di fornire nuove risposte alla produzione di energia. Significa che in Sardegna si è solo speculato, perché quella centrale sarà un’altra cattedrale nel deserto, l’ennesima. A quel punto per ricavarne un utile ci sarebbe solo un’altra possibilità, quella di fornire energia a basso costo all’industria pesante ed energivora. E dove le localizziamo queste nuove industrie se non in Sardegna? Personalmente non sono contrario all’industria, anzi ritengo che il loro fallimento sia stato un grave danno per tutti i sardi. Però c’è industria e industria, e da noi si è solo speculato, inquinato, maltrattato il territorio, intossicato gli operai, lasciato ruderi brutti a vedersi e costosi da eliminare se non da bonificare. Ci sarebbe ancora molto altro da dire ma voglio chiudere, per cui mi limito ad un’ultima considerazione: i costi. Una stima approssimativa e non aggiornata varia dai 10 ai 15 miliardi di euro, sarebbe questo il costo enorme per la costruzione di una centrale nucleare di ultima generazione. C’è da chiedersi seriamente se ne valga la pena, al di là del fatto se sia o non sia prevista la partecipazione alle spese dei privati. Meglio sottolinearlo: nel 2023 si esportava quasi il 25% dell’energia prodotta in Sardegna. Nel 2025 sarà intorno al 30%. Chiediamoci quale altra regione d’Italia faccia altrettanto ma soprattutto chiediamoci se questo sia il problema principale che deve affannare la nostra governatrice.

Opinione

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