Sardegna: Bellezza svenduta, sardi esclusi

La Sardegna, terra di straordinaria bellezza e cultura millenaria, si trova oggi a un bivio cruciale. Le voci che si levano dall'isola dipingono un quadro preoccupante, dove interessi economici esterni sembrano prevalere sul benessere dei sardi e sulla tutela del territorio. Investimenti milionari, spesso opachi e senza un adeguato controllo, stanno trasformando non solo la costa, ma l'intero territorio sardo in un susseguirsi di cemento, deturpando un paesaggio che rappresenta la vera ricchezza dell'isola. Parallelamente, il modello turistico dominante appare sempre più orientato verso un turismo di massa e di basso profilo, con navi da crociera che scaricano migliaia di visitatori mordi e fuggi, i quali consumano prevalentemente a bordo, lasciando ben pochi benefici economici alla comunità locale. Il vero turista, quello che un tempo arrivava con le navi passeggeri e animava l'economia con soggiorni più lunghi, sembra una specie in via d'estinzione. Le conseguenze di questa deriva sono pesanti per i sardi. L'aumento generalizzato dei prezzi, persino per i beni di prima necessità, rende la vita sempre più cara, tanto da far paragonare il costo della vita sull'isola a quello di una nazione europea come la Francia. Il sardo medio, l'operaio, si trova stretto in una morsa economica che sembra favorire solo ristrette categorie di piccoli capitalisti e benestanti. La gestione portuale di Cagliari ne è un esempio emblematico. Invece di sviluppare infrastrutture che possano creare reali opportunità di lavoro e crescita per i sardi, si assiste a una trasformazione in un approdo di lusso per pochi, con benefici economici discutibili per la maggioranza. Il paesaggio stesso della città viene alterato, perdendo la sua identità per uniformarsi a standard portuali globalizzati. La "morale della favola" è amara: il sardo con uno stipendio medio è escluso dai benefici di questo presunto sviluppo, non potendo accedere a hotel di lusso o attracchi esclusivi. Anzi, si assiste a un preoccupante fenomeno di sostituzione della manodopera locale con personale proveniente dall'estero, come già accade nel settore navale. A farne le spese sono anche le piccole attività commerciali locali, schiacciate da tasse insostenibili che ne decretano la chiusura. Il tema dell'immigrazione si intreccia con queste dinamiche in modo inquietante. Promesse politiche spesso disattese lasciano i nuovi arrivati in condizioni di marginalità e sfruttamento. Nel frattempo, i giovani sardi manifestano una crescente disillusione verso un settore turistico che offre sempre meno opportunità di crescita e dignità. Il timore è che, di fronte a questa gestione miope e sbilanciata, il sardo sia costretto a emigrare per cercare un futuro migliore, mentre la propria terra viene percepita come "terra di nessuno", sfruttata senza un reale beneficio per chi la abita. Eppure, la Sardegna non è contraria al turismo. Ciò che si invoca è un turismo "intelligente", capace di generare benessere diffuso e sostenibile per l'intera comunità. Le grandi multinazionali e gli imprenditori esterni che puntano solo al profitto a breve termine potrebbero presto scontrarsi con una realtà fatta di mancanza di servizi adeguati e di una concorrenza locale agguerrita, come dimostra l'esempio della vicina Corsica, dove un mercato più libero premia la qualità e la convenienza. Anche nel settore delle energie rinnovabili, come l'eolico e il fotovoltaico, sembra che i benefici per i sardi siano scarsi. Grandi impianti vengono realizzati senza un reale coinvolgimento e vantaggio per la popolazione locale. Un'altra criticità riguarda la gestione dei rifiuti. Nonostante gli sforzi degli amministratori per mantenere pulita la città, il degrado si ripresenta costantemente. La raccolta differenziata, pur con le intenzioni positive, sembra non funzionare efficacemente, con quartieri interi sommersi da montagne di rifiuti di ogni genere. Forse è giunto il momento di riconsiderare l'approccio e cercare soluzioni alternative per garantire un ambiente più vivibile. È evidente la necessità di un cambiamento anche a livello legislativo. Molti ritengono che il diritto di voto dovrebbe essere riservato a chi conosce profondamente le dinamiche del territorio, mettendo in guardia dai politici che, in campagna elettorale, cercano voti anche in comunità straniere senza una reale comprensione delle problematiche locali. La sanità è un altro settore in grave difficoltà, con medici che non si sentono valorizzati e che spesso ricorrono a far pagare le prestazioni anche nelle strutture pubbliche. La chiusura di molte strutture sanitarie sta penalizzando chi non può permettersi visite private immediate, mettendo a rischio la loro salute a causa delle lunghe liste d'attesa. Un esempio di come le dinamiche sociali stiano evolvendo, senza voler con ciò esprimere giudizi di natura razziale, si può osservare sui mezzi pubblici, dove spesso anziani e bambini sardi rimangono in piedi mentre persone di altre nazionalità occupano i posti a sedere. Questo è solo un piccolo segnale di come, in futuro, la composizione sociale e le dinamiche dell'isola potrebbero trasformarsi. Il futuro della Sardegna appare incerto, ostaggio di scelte politiche e di modelli di sviluppo che sembrano ignorare le esigenze e le aspirazioni dei suoi abitanti. Solo un cambio di rotta radicale, orientato verso la sostenibilità, la tutela del territorio *in ogni sua parte*, il benessere dei sardi, una gestione efficiente dei servizi essenziali, una riforma legislativa attenta alle specificità locali e una riflessione sulle nuove dinamiche sociali, potrà scongiurare un declino che appare sempre più minaccioso.

Opinione

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